La caduta di Boris Johnson in Inghilterra non sta affatto a dimostrare la caduta del populismo e del sovranismo anzi, forse l’esatto contrario. E’ la dimostrazione plastica del fallimento del tentativo di incanalare le spinte estremiste in binari costituzionali e parlamentari ed è un monito che non può essere sottovalutato neanche da parte nostra, qui, proprio qui in Italia, dove il primo partito secondo i sondaggi è proprio un partito sovranista e populista.
La democrazia parlamentare e liberale è sotto attacco come non mai – questo il drammatico appello di Aldo Cazzullo oggi sul Corriere della Sera – ed è assai fragile, a dispetto della apparenze.
L’inflazione e la crisi economica globale che si manifesta come risultante di pandemia, guerra ed emergenza climatica, è il banco di prova per le istituzioni democratiche affinché resistano all’ondata populista che grazie a questi fattori potrebbe trovare una nuova e insperata chance di rivincita dopo appuntamenti elettorali non proprio brillanti.
Non è dunque solo Johnson a cadere, ma con lui cade l’utopia della normalizzazione dell’estremismo che invece deve essere combattuto senza tregua da qualunque parte provenga.
Ma questo apre una parentesi ancora più importante e un tema che Cazzullo coglie in pieno. E cioè che il populismo e il sovranismo nazionalista con le loro ricette semplicistiche trovano sponda e consenso oltre che nell’insoddisfazione e nella frustrazione sociale di larga parte dell’elettorato (che probabilmente in condizioni normali non voterebbe mai questo tipo di partiti) è anche frutto della crisi della leadership democratico-liberale. Insomma, come diciamo noi di Buona Destra da ormai tempo immemore esiste una crisi di offerta politica. Crisi di offerta cui invero si somma la crisi di credibilità dei vecchi leader ormai percepiti come mero establishment non in grado di “uscire fuori” dal loro personaggio.
Da Macron che ha vinto le elezioni presidenziali ma che ha subito una battuta d’arresto nelle elezioni parlamentari, a Joe Biden che probabilmente dovrà scontrarsi con una debacle alle elezioni di medio termine in America, per finire a Sarkozy o Hollande ricordati più per i loro amori che non per le loro politiche. Non parliamo di Scholz o Sanchez che sono ben lontani dall’aprire cicli politicamente significativi in Germania come in Spagna.
Insomma, le elites tradizionali sono in crisi, ma la sconfitta di Johnson ci dice che ciò che voleva sostituirl non è meglio delle elites sostituite.
Paradossalmente l’Italia è l’unica ad avere una leadership molto forte, Mario Draghi, stimato e apprezzato a livello internazionale ma egualmente in difficoltà a gestire una maggioranza eterogenea e estremamente riottosa ai limiti dell’irresponsabilità.
Insomma, la questione è seria e impone un’azione decisa e netta con leader forti e credibili che oggi purtroppo non si vedono all’orizzonte.
Dove sono una Tatcher o un Kohl o una Merkel o ancora un Ronald Reagan?
Ecco che quindi da un lato la crisi economica dall’altro l’incapacità delle democrazie liberali di offrire soluzioni e generare leader credibil, può costituire un trampolino di lancio per il populismo e il sovranismo che sebbene anch’essi in estrema difficoltà, potrebbero trovare nuova linfa vitale.
Ma d’altra parte come insegnano gli antichi cinesi (non quelli moderni, per carità!), in ogni crisi esiste l’opportunità di un rinnovamento e oggi più che mai c’è bisogno di una Buona Destra, liberale, laica moderna ed europeista che sappia farsi interprete di istanze che sebbene nascoste, non sono affatto sopite.
La sfida è certamente affascinante e la posta in gioco molto alta, ma i vuoti in politica vanno riempiti come ci insegna la Applebaum o altri occuperanno quegli spazi e non è detto che ciò sia positivo.