Il M5S è alla frutta e Conte non sa più che pesci prendere

Urgenze che non sono urgenze, fiducia alla Camera che diventa sfiducia (possibile) al Senato, No al Termovalorizzatore ma sì al Termovalorizzatore col fuoco ma senza fiamma e via di ossimoro in ossimoro: questo ormai è diventato Giuseppe Conte. Un leader senza squadra che non sa più che pesci prendere, dovendosi fare interprete e collante di un partito anti-casta che è diventato la più casta della caste.
Compito non facile che suscita una certa qual tenerezza, soprattutto se si tiene presente che Conte non è un politico e proprio non lo sa fare il politico!
Dunque, si rifugia nella ricchezza del linguaggio per mascherare la povertà concettuale e contenutistica di una creatura informe e senza identità quale è il Movimento Cinque Stelle.

Anche le richieste fatte a Draghi sembrano il decalogo, anzi l’ennealogo di un bambino delle elementari: mancava la pace nel mondo e poi c’erano tutti i sogni di un ragazzetto delle elementari.
Il come realizzare le cose e, magari, la sostenibilità economica delle richieste non sembrano interessare l’Avvocato. Ma vabe’.. dalla rape non si può cavare il sangue!
Capriole, e salti carpiati, questo è rimasto del grillismo che fu, e certamente tenere insieme tutto questo è impresa titanica che spaventerebbe pure uno serio, uno con le spalle larghe per intenderci, figuriamoci Giuseppe Conte per il quale, stante l’incapacità manifesta, ben si comprende, il disagio è doppio, triplo… multiplo.

Ma il tema di fondo è che non si può tenere insieme ciò che è diviso in natura, non si può rendere governista un partito antisistema e prima o poi i nodi vengono al pettine. Di Maio se ne è andato perché ha capito l’antifona, è stato scaltro anche se poi non è dato sapere se questa sua scaltrezza porterà anche dei frutti elettorali. Conte invece ha perso l’occasione di “montetizzare” il proprio consenso personale post pandemia e adesso si deve riciclare in cerca di una identità mai avuta. Perché quella del Movimento non è certo la sua identità La disistima palese di cui l’avvocato del popolo “gode” da parte dell’Elevato onorario presidente del Movimento, Beppe Grillo, è un ulteriore ostacolo che non gli consente di essere veramente leader.

Un vero e proprio visConte dimezzato (Calvino ci perdonerà) incatenato da un lato al proprio ego e dall’altro alla propria sempre più risicata base, e soprattutto privo di consensi reali nel paese che finalmente ha iniziato a capire l’inganno e la mistificazione del reale operata dai cinque stelle. Peraltro con la sua bizzarra modalità di lotta (si fa per dire) e di governo ( a maggior ragione, si fa per dire), Conte finisce per alienarsi le simpatie tanto dei pentastellati estremisti quanto di quelli (fintamente ?) moderati.

“Qualsiasi cosa fai ti tirano le pietre” recitava una vecchia canzone popolare e questa ben si adatta all’ex premier che si deve reinventare “soldato” quando è uomo di seconda, terza, decima fila. Al massimo un discreto mediatore ma un pessimo combattente.
Questo e solo questo è Giuseppe Conte su cui infierire sarebbe davvero troppo facile e quindi ce ne asterremo. D’altra parte se ne è astenuto pure Mario Draghi il quale per rispondere alla verbosità dell’avvocato gli ha detto chiaramente che “lontani staremmo peggio che vicini” usando una formula che va bene con i bambini un po’ troppo capricciosi.

Perché poi, di ossimoro in ossimoro, Conte questo è! Un bambino della politica che punta i piedi, poiché troppo viziato da un consenso fittizio fatto di vedovelle disperate che però oltre al culto della personalità non si sta traducendo in voti, né diversamente potrebbe essere dal momento che oltre la pochette, c’è la sostanza del nulla (per usare un ossimoro)!