Le attuali tensioni internazionali e le guerre in corso, come quella in Ucraina e a Gaza, stanno avendo un impatto significativo su diverse nazioni, e la Cina non fa eccezione. Mentre i dati economici cinesi mostrano una crescita stimata intorno al 5%, gli squilibri interni diventano sempre più difficili da sostenere con uno sviluppo così contenuto. Inoltre, la preoccupazione della Cina riguardo alla potenziale regionalizzazione o cronicizzazione dei conflitti in corso, specialmente in Medio Oriente, si manifesta nel suo tentativo di assumere un ruolo di mediatore, in particolare nei confronti dei paesi musulmani coinvolti nella crisi.
A prima vista, Xi Jinping appare saldamente al controllo del paese, riconfermato per la terza volta come segretario del Partito comunista e detentore di cariche chiave. Tuttavia, un’analisi più approfondita rivela una situazione più complessa. Se da un lato Xi ha consolidato il suo potere attraverso nomine strategiche, dall’altro i “grandi vecchi” del Partito comunista continuano a esercitare un ruolo informale guidando il governo nelle decisioni più importanti. In sostanza, il potere di Xi è incontrastato finché le cose vanno bene, ma può essere messo in discussione in tempi difficili.
La Cina, guidata da Xi, si basa su un modello di stato autocratico e centralizzato che attinge alla tradizione imperiale, insieme al rafforzamento del processo di ‘sinizzazione del marxismo’ avviato da Mao Zedong. Questa costruzione ideologica mira a mantenere un controllo forte sulla società, evitando qualsiasi direzione che possa minare il ruolo guida del partito. Nonostante le riforme economiche di Deng Xiaoping abbiano migliorato le condizioni di vita in Cina, la priorità del partito rimane il controllo sociale.
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Ciò che desta preoccupazione a livello internazionale è la postura della Cina, in netto contrasto con la retorica ufficiale di una “grande potenza responsabile”. Xi Jinping è stato criticato all’interno del Partito comunista per la gestione delle relazioni internazionali, soprattutto durante la guerra in Ucraina. Sebbene la Cina sia considerata il senior partner nel rapporto con la Russia, Putin sembra dettare tempi e obiettivi, portando a dubbi sulla coerenza della leadership cinese nel contesto globale.
La situazione in Ucraina, in particolare, ha sollevato domande all’interno del Pcc sulla convenienza di seguire Putin in politiche che potrebbero mettere a rischio il percorso della Cina verso la leadership globale. Questa incertezza attanaglia i dirigenti del Pcc, generando la possibilità che possano abbandonare l’approccio fino ad ora seguito, caratterizzato da un fedele allineamento con Putin sulla guerra in Ucraina. Tale mossa potrebbe essere motivata dal timore di finire per combattere, come sottolineato da Vittorio Emanuele Parsi, non “per il re di Prussia”, bensì “per lo zar di Russia”, andando così contro i propri interessi nazionali. È su questa incertezza che i governi occidentali dovrebbero concentrare i loro sforzi.