Salvini e Meloni veleggiano, apparentemente uniti, verso una vittoria che pare scontata, ma che in realtà potrebbe rivelarsi più complicata di quel che sembra, anche qualora si concretizzasse. I due sono facce di una stessa medaglia populista che, a dispetto delle apparenze, li divide e li rende irriducibili competitors rispetto al medesimo elettorato. In pubblico abbondano baci e abbracci ma se si gratta sotto la vernice, si rinvengono ostilità e reciproche paure e diffidenze che sono emerse chiare in questa legislatura sgangherata.
Se si va a vedere il posizionamento dei rispettivi partiti, infatti, possiamo notare che su tre governi Lega e Fratelli d’Italia erano avversari in due. Meloni era all’opposizione del governo giallo-verde che vedeva la Lega come comprimario e nel Governo Draghi, Meloni – tanto per cambiare – era all’opposizione, Salvini dentro il governo, non ha potuto interpretare il ruolo “di lotta”. Costretto a votare il PNRR, il green pass, l’elezione di Mattarella per il secondo mandato a presidente della Repubblica, ha dovuto assistere impotente al travaso di voti (virtuali) che quotidianamente transitava dal Carroccio a Fratelli d’Italia. Chiaro che questo ha alimentato nel Capitano ancora di più la diffidenza nei confronti dell’alleata fittizia, e la voglia di rivalsa e ciò ha costituito la ragione della fine del governo Draghi assieme all’irresponsabilità di Conte e di Berlusconi.
Dall’altro lato, la leader di Fratelli d’Italia, se finora ha ingrassato il proprio bacino di interesse sostanzialmente senza far nulla, sa benissimo che da sola non può governare. Pertanto è costretta a scendere a patti con Salvini. E proprio i patti sono l’ossessione di Meloni per evitare colpi di coda degli alleati di cui non si fida. Insomma, Meloni e Salvini sono sposi coatti che non nascondono le rispettive ostilità e che stanno continuando a darsele fra loro di santa ragione.
Recentemente Carlo Nordio (in quota FdI) ha sparato a zero sulle posizioni filo russe di Salvini e Berlusconi, i quali a loro volta hanno reagito mettendo in discussione la futura premiership della Meloni (Berlusconi ha pure candidato esplicitamente Antonio Tajani, con la benedizione del PPE, tanto per far capire all’alleata cosa pensa a riguardo). Insomma l’aria è quella di squali uniti nella caccia ma nemici al momento del banchetto. Davvero possiamo pensare che anche se vincessero, potrebbero governare, soprattutto in un momento storico come questo?
Leadership forte quella di Meloni, debolissima quella di Salvini, classe dirigente inesistente per Fratelli d’Italia, e invece radicata sul territorio (al nord) quella leghista (che non per niente aveva tentato di ricondurre a ragione il Kapitano sul Governo Draghi, purtroppo invano). Filo-russo Salvini, fortemente atlantista Meloni (a dispetto delle imbarazzanti alleanze internazionali), che tipo di politica internazionale faranno mai?
Oggi che la politica interna sconta gli effetti di quella estera in modo estremamente marcato, i punti di convergenza consueti tra i due (no all’Europa, sì al sovranismo, no all’immigrazione ecc.) potrebbero non essere sufficienti per governare insieme il Paese. Certamente l’effetto di questa alleanza è quello di compattare una destra chiusa, intimorita, antiglobalista, arroccata su posizioni ideologiche e talvolta psicologiche, proiettata nel passato; ma oggi all’Italia serve molto altro. E in quel connubio nazional-popolare quel che serve, non c’è né ci sarà mai! Nemmeno il 26 settembre, passata la sbornia per l’eventuale vittoria.
Per questo, oggi più che mai è fondamentale aprire una nuova stagione repubblicana con un patto che aggreghi tutte quelle forze liberali, democratiche e riformiste che vogliano ripartire dall’esperienza Draghi e per rilanciarla senza intestarsene o appropriarsene.
Ed è importante, quindi, che, in questo contesto e in questa alleanza repubblicana, Buona Destra sia della partita, visto che l’attuale centrodestra a trazione sovranista non rappresenterà mai il nostro contenitore. Siamo altra e diversa cosa, fin dalle origini e in futuro!