I soldati russi non hanno pietà di niente e nessuno: ammazzano chi resta in città e chi scappa. “Dovevo essere forte. Non ho avuto il tempo di essere debole e piangere”, ha detto la signora Yulia Zhdanova a «The Independent». La prima volta che è riuscita a lasciarsi andare alle lacrime è stata quando è uscita con la famiglia da Chernihiv, la sua amata città. Durante il viaggio per la salvezza lei e i suoi non hanno mangiato né bevuto niente, non si sono fermati mai, per paura di imbattersi nelle milizie nemiche. È quella di Yulia una delle tante dolorose voci che arrivano dall’Ucraina.
Dall’inizio della guerra di Vladimir Putin la popolazione di Chernihiv è stata incessantemente bombardata. Sono andati distrutti ospedali, case, scuole e altri edifici residenziali. È situata a 50 miglia dal punto, in cui il confine ucraino tocca sia la Bielorussia che la Russia, a 90 miglia a nord di Kiev, la città di Chernihiv. La sua posizione strategica l’ha resa sin da subito uno dei primi obiettivi delle milizie dello zar. È seconda sola a Mariupol, altra città martire, simbolo della guerra che dura da oltre un mese. Il sindaco Vladyslav Atroshenko ha denunciato alla CNN il dramma che la sua gente sta vivendo: “Una vera crisi umanitaria senza elettricità, senza riscaldamento, senza acqua, solo in alcune zone della città c’è il gas”. Almeno 400 civili sono stati uccisi a Chernihiv dall’invasione della Russia. Ma si sospettano cifre ben più alte purtroppo.
In un terribile attacco, risalente allo scorso 16 marzo, dieci persone, tra cui il cittadino americano Jimmy Hill, sono state uccise, a colpi di arma da fuoco dalle truppe russe. Aspettavano in fila per comprare il pane in un negozio; davvero incredibile. Nelle ultime ore i russi hanno bombardato un convoglio di autobus, sempre a Chernihiv. “Cinque mezzi sono finiti sotto il fuoco nemico quando hanno cercato di entrare nella città assediata per le evacuazioni”, ha denunciato la commissaria per i diritti umani di Verkhovna Rada Lyudmila Denisova. Una situazione drammatica.