In questa surreale campagna elettorale ne abbiamo sentite e viste di tutti i colori: dai siparietti del tiktoker 85enne Silvio Berlusconi al volteggiare in aria stile «Dirty Dancing» di Luigi Di Maio, dal sudore di Matteo Salvini nei vari comizi al bus elettrico di Enrico Letta, passando per le «devianze» giovanili di Giorgia Meloni. In questi ultimi giorni abbiamo scoperto anche l’esistenza di un mondo parallelo in cui Mario Draghi non ha fatto assolutamente niente e Giuseppe Conte da grande statista qual è ha salvato l’Italia (ed è proprio per questa ragione che il leader pentastellato è inviso ai “poteri forti” ed è diventato l’avvocato del popolo). Non ci si crede, ma Conte in tutti i talk e social possibili e immaginabili ha preso ad attaccare il premier uscente, persuaso che una tale subdola strategia potesse (e possa) portare altri voti in dote al MoVimento.
Ospite a “L’Aria che tira” Conte ha avuto il coraggio di dire: «Mi dice una misura per cui il governo dei migliori passerà alla storia di questo Paese? La campagna vaccinale l’avevamo avviata noi, il Pnrr per l’80% l’abbiamo realizzato noi». Conte, che faceva parte del governo Draghi, nel botta e risposta con Myrta Merlino ha dimostrato di disistimare del tutto l’ex numero uno della Bce (antipatia e scarso rispetto ricambiato, si intende). «Lasci stare il curriculum di Draghi. Nessuno mette in discussione il prestigio di Draghi. Ma non si governa col prestigio», ha detto il capo dei grillini, rispondendo alla giornalista, che basita ha poi chiesto: «Cioè lei è migliore di Draghi?». «Ma lasci stare me e lui, non è corretto. Nella scena internazionale in queste ore vi siete accorti che tutti i leader occidentali hanno preso una posizione su Putin?», la replica stizzita di Conte. «Ma quel poveretto fa gli affari correnti, lei lo ha fatto cascare», l’obiezione della Merlino. «Ma che sta dicendo? Putin ha parlato alla nazione, tutti nel mondo occidentale hanno preso posizione, Draghi è desaparecido», ha ribattuto seccato il professore. L’ha detto davvero, altro che. «Ma Draghi è lo statista dell’anno, lei lo sta trattando come uno sfigato», ha affermato la padrona di casa. «Sì, acclamato ‘statista dell’anno’ da una fondazione newyorkese», il commento lapidario di Conte, che nel salotto di “Oggi è un altro giorno” si è lasciato sfuggire pure che stare nel governo Draghi: «è stata una reale sofferenza politica. Non lo nascondo perché c’è stato veramente uno stallo pazzesco e un rinvio delle emergenze che non potevamo accettare».
Il semisconosciuto avvocato del popolo, premier di destra e di sinistra, populista, sovranista e infine progressista, «titolare», come scrive oggi Francesco Merlo in un editoriale uscito su «Repubblica», «del metodo del ‘quasi’» che gli ha permesso «di essere capo di un governo quasi filoamericano e quasi filocinese e ora gli permette di schierarsi quasi con l’Ucraina e quasi contro l’Ucraina». Ci sarebbe da ridere, come del resto avviene quando leggiamo i passi che hanno per protagonista il “quasi-gigante” Margutte del «Morgante Maggiore» di Luigi Pulci, se non ci fossero di mezzo le sorti di un Paese. Nella quarta versione (la prima il Conte I, la seconda il Conte II, la terza il Conte che sostiene Draghi), quella battagliera, che ha portato alla quasi caduta del governo (il colpo finale l’ha inferto il binomio Forza Italia-Lega), Conte ha cominciato a sgomitare, ponendo questioni su tutto (dalla riforma della giustizia al Superbonus, passando per la politica estera, con le perplessità sull’invio delle armi a Kiev).
E oggi, facendo leva sulla disperazione della gente comune, che sul serio fa fatica a mettere insieme qualcosa per la cena, gettata la maschera di “moderato” (e pure la pochette, che la scena ormai non richiede più!) Conte nei principali programmi tv non si stanca di ripetere di aver realizzato l’80% del programma del M5s (cosa non vera, perché dei 20 punti promessi nel 2018, solo due sono stati completamente realizzati, altri dieci sono stati realizzati in parte e otto non sono stati portati a compimento) e ad attaccare l’ex banchiere centrale. Il dente avvelenato nei confronti di Mario Draghi l’ex premier ha dimostrato di averlo eccome e in più occasioni: si è tolto addirittura lo sfizio di sbarrargli la strada per il Quirinale. «Vuoi vedere che Conte è il quasi genio che ha trovato la soluzione al dubbio di Amleto? Il terzo corno tra essere e non essere è il quasi», conclude Merlo su «Repubblica».
Quel che è certo è che molti di noi non hanno dimenticato il Conte pronto a ricevere Vladimir Putin a Roma, il Conte che disdegnava le relazioni con la Cina di Xi Jinping e che portava avanti i contatti con Donald Trump; i cittadini ricordano anche che fu lui, l’uomo dall’apparente mitezza, a firmare i decreti sicurezza. Ognuno può pensarla come vuole, che tanto come scriveva Umberto Eco «la gente crede ai complotti perché non vuole accettare la realtà». Di fronte però ai fatti le parole non hanno chances: e i meriti di Mario Draghi, che a Palazzo Chigi è stato arruolato, incitato e poi rapidamente consumato, sono sotto gli occhi di tutti. Perché in un anno, 5 mesi, 7 giorni l’ex numero uno della Bce, che speriamo di avere ancora e presto al servizio del suo Paese, il «marziano a Roma», per citare Ennio Flaiano, ne ha fatte tante di cose. Soltanto in un mondo parallelo il banchiere più stimato al mondo è stato capace di preparare il pane con la farina di Giuseppe Conte. Non nel nostro. Decisamente no.