Dal Papeete al 9%: la parabola di Matteo, il perdente della coalizione vincente

Dall’”alba vinceròòòòòòòòò” per i risultati del 2019, quando la Lega otteneva alle urne il 35%, al tonfo di ieri. Lo psicodramma della Lega, che si ferma al 9% e viene superata ovunque dalla qualunque, si può riassumere tutto nella folle gestione degli ultimi tre anni targata Matteo Salvini. Le ruspe, i citofoni, la flat tax, la tiritera contro gli immigrati, la Bestia, il VinciSalvini, il Papeete, le felpe e le t-shirt con la faccia di Putin, i bacioni non hanno più alcuna presa sugli italiani: la parabola del Capitano è in dirittura d’arrivo verso lo schianto.

Il 9%, ampiamente in linea con i sondaggi più attendibili che davano la Lega sotto al 10%, è un risultato molto lontano da quello auspicato dal segretario, che solo una settimana fa a Pontida si dichiarava “pronto” a fare il premier se lo avesse interpellato il capo dello Stato Sergio Mattarella. L’ennesima barzelletta di chi ora, però, è alle prese non solo col peso della sconfitta elettorale (seppur all’interno della coalizione vincente) più dura di sempre, ma anche con la resa dei conti interna al partito. “Questa disfatta ha un nome e cognome, Matteo Salvini”: a far partire il valzer dei lunghi coltelli è l’europarlamentare leghista trevigiano Gianantonio Da Re, infuriato per il tracollo del suo partito in Veneto. “Dal Papeete in poi ha sbagliato tutto – continua – ha nominato nelle segreterie delle persone che hanno solo ed esclusivamente salvaguardato il proprio sedere. Quindi si dimetta – conclude – passi la mano a Massimiliano Fedriga e fissi in anticipo i congressi per la ricostruzione del partito”. Parole dure, condivise anche se non ancora pubblicamente dalla maggioranza dello stato maggiore leghista e, soprattutto, dalla base. Che già a Pontida non aveva risparmiato critiche. Al punto che la Lega ha dimezzato i suoi consensi – a vantaggio di Fratelli d’Italia – in Lombardia e Veneto. E non c’è ottimismo neanche per lo spoglio in Sicilia, che inizerà a breve.

Salvini si trova nella coalizione vincente, ma da alleato perdente. Per poco non superato anche dalla Forza Italia di Berlusconi, che come l’araba fenice è risorto dalle ceneri e ancora una volta ha incredibilmente trainato gli azzurri a suon di TikTok e barzellette. Ma nonostante sia avviato irreversibilmente verso l’uscita, Salvini non risparmia atteggiamenti da bullo. E lancia una specie di avvertimento, senza capire che non se lo può più permettere, alla Meloni. “Ci è costato il governo con Speranza, Di Maio e Lamorgese, ma ho scelto di farlo perché l’Italia era in ginocchio per il Covid – ha detto Salvini oggi nella conferenza stampa post voto -. Il 9% non è il dato per cui ho lavorato, fino alla settimana scorsa avevamo il doppio dei voti da usare in un governo che ci viveva come comparse fastidiose, ma quando la Lega può fare la Lega non ce n’è per nessuno, e lo dicono i territori che governiamo. Molto più conveniente fare l’opposizione dura per cinque anni – ha concluso lanciando uno strale alla trionfatrice del confronto elettorale, la leader di FdI Giorgia Meloni -, invece di provare a dare una mano in una situazione disastrosa. Già oggi ci incontreremo con Giorgia per ragionare seriamente su come costruire il prossimo governo”. Un governo dove il ruolo della Lega non potrà che essere ampiamente ridimensionato, viste le percentuali ottenute.