Il vicolo cieco di Meloni e la necessità della ratifica del Mes

La posizione politica del governo Meloni sembra trovare un duro muro di fronte alla questione della ratifica del nuovo trattato del Fondo salva stati (Mes). L’obiettivo della presidente del Consiglio, di utilizzare la ratifica come leva per negoziare altre questioni, come la riforma del Patto di stabilità, è stato respinto sia all’Eurogruppo sia all’Ecofin. La prospettiva del veto sembra aver infastidito molti paesi che hanno già ratificato il trattato, riducendo le possibilità di successo di questa strategia.

La figura del direttore esecutivo del Mes, Pierre Gramegna, è emersa come possibile intermediario, proponendo una “revisione” degli strumenti previsti dal nuovo trattato. Tuttavia, questa offerta non sembra avvicinarsi alla proposta di Meloni di trasformare il Mes in un fondo sovrano europeo che finanzi investimenti e politiche industriali nazionali.

In questo quadro, la figura del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti appare in una posizione di stallo. La “revisione” proposta da Gramegna è vista più come una possibilità di uscita di scena senza perdere la faccia, piuttosto che una reale soluzione al problema.

Dal punto di vista domestico, la situazione è altrettanto intricata. Nonostante le dichiarazioni di Giorgetti sulle difficoltà del Parlamento italiano a ratificare il trattato, sembra che i numeri per la ratifica ci siano. La resistenza alla ratifica non sembra provenire dal Parlamento nel suo complesso, ma piuttosto dalla maggioranza di governo.

La necessità di ratificare la riforma del nuovo trattato viene ulteriormente sottolineata dal Rapporto annuale del Mes. L’innovazione chiave è l’introduzione del cosiddetto backstop, un sostegno di emergenza al Fondo di risoluzione unico per la gestione delle crisi bancarie, uno strumento che l’Italia ha richiesto e sollecitato.

Il rapporto evidenzia anche la necessità di continuare a lavorare all’unione bancaria e l’importanza di una risposta comune alle crisi bancarie. L’avvicinarsi di una scadenza tecnica nel 2023 aggiunge un’ulteriore pressione per la ratifica. Se l’Italia non ratifica la riforma del trattato, il nuovo meccanismo di mutualizzazione dei rischi, il backstop comune, non può partire.

La posizione di Meloni sembra quindi sempre più difficile da sostenere. Mentre la necessità di una ratifica del Mes è chiara, sia a livello europeo che domestico, la resistenza all’interno della sua maggioranza di governo pone il presidente del Consiglio in una posizione sempre più complessa. Meloni deve ora trovare un modo per far accettare la ratifica alla sua maggioranza, altrimenti rischia di isolare ulteriormente l’Italia sul palcoscenico europeo.