Il tabù del debito pubblico: da destra a sinistra nessuno ne parla

In una recente intervista rilasciata alla Stampa, Elly Schlein, segretaria del Partito Democratico, ha posto in primo piano la necessità di “proteggere la parte più vulnerabile della società”. Secondo lei, l’attuale governo non sta perseguendo questo obiettivo, un’affermazione supportata da dati eloquenti. L’Istat ha certificato che nel 2022 le persone in condizioni di povertà assoluta sono state circa 5,6 milioni, corrispondenti al 9,7% della popolazione totale, in aumento rispetto all’anno precedente (9,1%). Nonostante questa urgenza evidente, Schlein non fornisce chiaramente le azioni da intraprendere, evitando accuratamente la menzione della parola “debito” in tutta l’intervista.

Tuttavia, per affrontare il problema di chi è rimasto indietro, una soluzione potrebbe partire proprio dalla gestione del debito. Ridurlo potrebbe essere il punto di partenza chiave. Le parole del neogovernatore della Banca d’Italia, Fabio Panetta, al convegno dell’Iccrea sul credito cooperativo venerdì scorso, sottolineano che un debito elevato sottrae risorse alle politiche anticicliche, agli interventi sociali e allo sviluppo. Inoltre, incrementa i costi finanziari per le imprese, riducendone la competitività e disincentivando gli investimenti, rendendo l’economia e il paese più vulnerabili ai movimenti dei mercati finanziari.

Con un debito pubblico italiano che si avvicina al 140% del PIL e proiezioni che indicano un ulteriore aumento nei prossimi anni, la spesa per interessi è destinata a crescere, attualmente attestandosi intorno agli 80 miliardi. Questa spesa, distribuita ai detentori dei titoli pubblici, spesso non rappresenta la parte più svantaggiata della società, contribuendo così a un’ingiustizia finanziaria.

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La conseguenza diretta sarà una diminuzione delle risorse disponibili per servizi essenziali come istruzione, sanità e trasporti, utilizzati principalmente dalle fasce più deboli della popolazione. Inoltre, riducendo il debito, si avrebbero più risorse per una politica di bilancio selettiva, mirata a fornire aiuto a chi ne ha effettivamente bisogno, contrastando l’inflazione che contribuisce al peggioramento dei dati sulla povertà.

La riduzione del debito emerge come una priorità fondamentale per contrastare efficacemente la povertà. Fabio Panetta suggerisce di agire su entrambi i fronti: migliorare la gestione delle finanze pubbliche e promuovere la crescita economica. Tuttavia, l’attuale mancanza di una riduzione credibile del debito da parte del governo rende la lotta alla povertà un obiettivo difficile da raggiungere concretamente, rimanendo, al momento, più una dichiarazione di intenti che una realtà tangibile.

La verità è che tagliare la spesa non piace. È elettoralmente svantaggioso. E allora non ne parla nessuno, né il Governo, tantomeno l’opposizione, facendo così sparire la parola debito dal dibattito pubblico. Un tabù conveniente per tutti, meno che gli italiani.