Ieri, puntuale e sostanzialmente attesa, è arrivata la condanna di Alexsej Navalny, principale oppositore di Putin, a 9 anni (contro i 13 richiesti dalla pubblica accusa) a fronte del reato di frode e insulti a un giudice. Il processo partiva dall’accusa di aver sottratto illecitamente ingenti somme di danaro dalle donazioni fatta alla Fondazione contro la Corruzione di cui è presidente, oltre a quella di aver offeso il Giudice Vera Akimova dopo che questa lo aveva condannato a una multa di circa 9.400 euro (50 mila rubli) per diffamazione.
Si tratta dell’ennesimo processo a carico del principale oppositore politico di Vladimir Putin (al momento Navalny si trova in carcere per un’altra condanna a 3 anni e mezzo per aver asseritamente violato la libertà vigilata). Già! Il processo più breve probabilmente della storia russa che si era aperto al rientro in Russia da parte di Navalny a seguito del grave avvelenamento di cui è stato vittima e per curare il quale era stato accolto in Germania. In quell’occasione, ben sapendo quale fosse il suo destino, Navalny è rientrato in Russia per continuare la sua attività di opposizione a Putin e per la libertà e la democrazia. Appena rientrato è stato arrestato e condannato. Il fatto che presentarsi al proprio agente di custodia quando si stava riprendendo da un avvelenamento quasi mortale fosse impossibile è qualcosa che evidentemente i giudici russi hanno considerato troppo liberale (sic!). Logica e diritto in certi ambienti sono proprio incompatibili!
Adesso si è concluso l’altro processo, celebrato in una colonia penale di massima sicurezza e con Navalny già in carcere. Invero, già l’incipit faceva ben intuire come sarebbe andato a finire. Infatti, fin dalla prima udienza Navalny è stato “esibito” ai media nazionali con la divisa da prigioniero, e non in abiti civili. L’effetto che si voleva generare sull’opinione pubblica è evidente: l’imputato è già colpevole, a prescindere. Condannato nell’immaginario pubblico prima ancora del processo. Si sa, in Russia i diritti dell’imputato sono molto labili, né si bada molto alla parità fra accusa e difesa in giudizio, tantomeno alla presunzione di non colpevolezza. Ciò a maggior ragione in un processo mediatico e, di fatto, politico. Insomma, la psicologia giudiziaria e lo stato di diritto sono lussi che il sistema russo non può permettersi.
Ma non è solo questo! Le attività difensive di Navalny sono state disturbate in tutti i modi possibile, compreso quello di interrompere la trasmissione del processo al momento della “parola alla difesa”. Come spiega lo stesso condannato, ciò non è strano, visto che Putin ha paura della verità e le parole hanno un potere enorme. Un potere che fa paura alla gerarchia di vertice al Cremlino. Da una piccola crepa può generarsi una breccia irreparabile; una contronarrazione di che cosa realmente è la Russia putiniana, al di là e ben oltre la propaganda governativa . Tutto ciò, per il neo-zar va prevenuto con qualsiasi mezzo.
Non essendo riuscito a uccidere Navalny con il Novichok, lo si deve mettere a tacere. Ogni spiraglio di verità deve essere chiuso. Putin non è nuovo ad azioni di questo genere. Basti pensare alla morte di Anna Politovskaja e di altri giornalisti. L’idea della formazione di una libera coscienza popolare atterrisce il dittatore russo (ogni dittatore, invero), e quindi ogni anelito alla libertà e alla democrazia va stroncato sul nascere. Che sia rappresentato da Navalny o dall’ Ucraina di Zelensky. Il meccanismo è il medesimo. Violento e letale. In pieno stile KGB.
La cosa che atterrisce è che non solo Navalny è stato condannato senza prove certe a proprio carico in un processo che la presidente del Parlamento Europeo Roberta Metsola ha definito una farsa e un presa in giro della giustizia, ma sono stati fermati anche gli avvocati dello stesso condannato. La Polizia, infatti, pare abbia cercato di estorcer loro informazioni sulla cui base sono state sviluppate le strategie difensive in giudizio. Anche in questo caso e per i motivi di cui sopra, non c’è da stupirsi. Eppure, per quanto prevedibile non si riesce a soffocare l’indignazione per questi abusi che, come già abbiamo scritto a suo tempo, sono all’ordine del giorno nel sistema giudiziario russo.
A seguito della sentenza-farsa che chiude il processo-farsa si sono levate le voci di riprovazione da parte di USA, UE e Gran Bretagna, i quali, però, difficilmente potranno fare qualcosa di concreto per Navalny, soprattutto in questo momento.
Anzi proprio adesso – visto che l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale è concentrata sulla guerra in Ucraina – la vita del principale antagonista di Putin è seriamente a rischio.
Intanto, si può solo sperare che le attività di Navalny non si fermino e che i suoi collaboratori possano continuare l’opera meritoria di portare la verità al popolo russo. Oggi più che mai ce ne è bisogno, “in primis” per i russi.