Il premio Nobel Shirin Ebadi: “il regime di Teheran è destinato a cadere”

“Ciò che è iniziato con la morte di Mahsa Amini finirà con la fine del regime: dobbiamo però prendere atto del fatto che la rivoluzione è un processo con alti e bassi”, afferma Shirin Ebadi, premio Nobel per la pace. La avvocatessa e attivista per i diritti umani sottolinea, in un’intervista di oggi a La Stampa, che il popolo iraniano è disposto a pagare un prezzo altissimo per la democrazia e che l’offensiva diplomatica degli ayatollah non riuscirà a soffocare la rivoluzione delle donne.

Ebadi critica l’amministrazione Biden, mettendo in guardia dal ripetere l’errore commesso dall’ex presidente Obama nel 2009, quando non ascoltò le richieste dell'”Onda Verde” per motivi di realpolitik. Secondo Ebadi, ripetere tale errore sarebbe gravissimo, considerando che il regime iraniano è destinato a crollare e che il coraggio e la determinazione del popolo iraniano sono più forti di qualsiasi oppressione.

La situazione in Iran sembra essere sempre più tesa, con il regime sull’offensiva. Tuttavia, “Nonostante vengano arrestati, uccisi per la strada o impiccati, gli iraniani non tornano indietro e non lo faranno”, afferma Ebadi. “Hanno provato a riformare il sistema ma si sono resi conto che non è possibile e questa nuova consapevolezza è palese oggi negli slogan di piazza.” Nonostante la brutalità del regime, il coraggio della gente prevale. Sottolinea poi che le richieste di riforme non ascoltate negli ultimi 43 anni hanno portato alla consapevolezza che il sistema non è riformabile e che la rivoluzione continuerà fino a quando non verrà abbattuto il regime. Nonostante le violenze perpetrate dal regime, l’iraniano medio è sempre più consapevole del desiderio di libertà e della necessità di porre fine alla discriminazione.

Ha parlato naturalmente anche della situazione delle donne iraniane con sempre più ragazze che si tolgono il velo perché non temono più le ripercussioni, il rischio di arresti e condanne severe. Ebadi è sicura: «Le iraniane hanno preso una decisione, porranno fine alla discriminazione». La società iraniana sta cambiando, e anche se ci sono negozi e bar chiusi per aver servito clienti senza velo, ci sono altri che continuano ad andare avanti senza paura. Quando un popolo raggiunge questo punto di non ritorno, la vittoria è inevitabile.

Certo, in generale la situazione sui diritti umani in Iran rimane critica, con arresti e condanne a morte che continuano ad aumentare. Usate come strumento per terrorizzare la popolazione e per mostrare la propria incapacità di trovare soluzioni al di là della violenza. Ma, secondo il premio Nobel, il regime iraniano e il suo clima di oppressione cadranno sotto la pressione del malcontento sociale, proprio come accadde all’URSS.

Riguardo alla politica estera dell’Iran, Ebadi non si mostra ottimista. Sottolinea che il regime cerca di esportare la sua rivoluzione e che le alleanze con altri paesi non dureranno a lungo. Mentre il regime cerca di rafforzarsi nel fronte anti-occidentale, Ebadi ritiene che il suo destino sia ormai segnato, poiché oltre l’80% della popolazione iraniana non lo ritiene più legittimo.

Alla domanda su cosa dovrebbero fare l’Occidente in una situazione così complessa, l’attivista ha risposto: «Sarà il popolo iraniano a decidere del destino del regime e non l’Ue o l’America. Ma è fondamentale che i governi occidentali non stringano patti con gli ayatollah garantendo la loro sopravvivenza. Dopo l’accordo sul nucleare ci furono anni in cui le sanzioni erano sospese ma la vita degli iraniani non migliorava. L’occidente non deve aiutare il regime iraniano, non deve legittimarlo con scambi sbagliati di prigionieri, non deve prolungarne la vita».

L’intervista a Shirin Ebadi evidenzia la determinazione del popolo iraniano nel porre fine al regime di Teheran nonostante le violenze e le repressioni. Ebadi avverte che il regime è destinato a cadere e critica l’approccio politico che potrebbe rafforzarlo. Richiama l’attenzione dell’Occidente sui diritti umani in Iran e invita a non sostenere il regime, ma a sostenere il desiderio di libertà del popolo iraniano.