La Corte suprema britannica, la Westminster Magistrates’ Court di Londra, ha emesso il Decreto di estradizione per Julian Assange, giornalista e attivista americano colpevole, secondo l’accusa di aver diffuso notizie top secret sui misfatti di mezzo mondo e, soprattutto, su crimini di guerra perpetrati dalle forze armate statunitensi in Afghanistan e in Iraq.
Adesso il caso ha esaurito la sua “fase giudiziaria” per tornare a essere un caso sostanzialmente politico. L’ultima parola spetta infatti al Ministro dell’Interno Priti Patel che deve dare esecutività all’Ordine di estradizione. Se – come pare – ciò dovesse avvenire, Assange rischia circa 175 anni di condanna in una prigione probabilmente di massima sicurezza statunitense.
A favore dell’attivista, attualmente recluso in un carcere australiano, si è mossa Amnesty International che parla di grave precedente per i giornalisti oltre che di palese violazione della normativa sul divieto di tortura. Sulla stessa lunghezza d’onda, alcuni parlamentari italiani provenienti da vari gruppi che unitamente a importanti giornalisti fra cui Sandro Ruotolo, Giuliana Catellina e Tommaso di Francesco hanno rivolto un appello scritto alla Ministra degli Interni inglese affinchè blocchi l’estradizione.
Julian Assange è imputato con 18 capi d’accusa per la diffusione di circa 500 mila documenti riservati. Nel 2006 fonda Wikileaks e pubblica oltre 10 milioni di documenti con fughe di notizie e svela i segreti dei governi di tutto il mondo. Dal Pakistan all’Iran, passando per gli Stati Uniti. Da lì, la collaborazione con testate giornalistiche mondiali da El Pais a Le Monde e altre, che attingono a piene mani da quel gigantesco archivio documentale online. Nel 2010 con un’accusa che si rivelerà infondata (per stupro), viene tratto in arresto in Svezia, dopo l’emissione di un mandato di cattura internazionale duramente contestato come una palese lesione alla libertà di stampa.
Temendo che la Svezia possa estradarlo in USA, Assange chiede e ottiene lo status di rifugiato politico presso l’Ambasciata dell’Ecuador in Gran Bretagna ma nel 2019 viene nuovamente accusato, stavolta con un capo di imputazione direttamente collegato con la sua attività e con Wikileaks. Gli viene cioè contestata la violazione dell’Espionage Act e di aver messo a repentaglio la sicurezza nazionale USA che fanno richiesta di estradizione.
Dal 2020 inizia l’esame della richiesta americana che vede un primo rigetto nel 2021 per pericolo di suicidio, poi ribalatata dall’Alta Corte di Londra. Il ricorso alla Corte Suprema si è concluso con l’Ordine di Estradizione il 20 Aprile scorso. Entro 28 giorni da quella data, la Ministra Patel deve decidere. Non è un bel segnale per i giornalisti e gli attivisti di tutto il mondo, non vi è dubbio. C’è da dire che, almeno nel mondo libero, si celebrano processi veri. Altrove, non è affatto scontato. Chiedere sul punto a Navalny (perchè la Politovskaja è stata direttamente giustiziata e non può rispondere).