Il dossier sui soldi da Mosca avvelena la campagna elettorale

Tutti negano di aver mai preso soldi da Mosca, ma il dossier sui 300 milioni di dollari elargiti dalla Russia a venti Paesi continua a far discutere, avvelenando una campagna elettorale già segnata dal sospetto di interferenze straniere.

Stando alle ultimissime informazioni trapelate, il documento sarebbe stato confezionato qualche mese fa, quando alla Casa Bianca c’era già Joe Biden, e affidato a funzionari del ministero del Tesoro sulla base di dati raccolti dalla Cia. Il report, tuttavia, scrive oggi Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, non scioglie il nodo cruciale sulla presenza dell’Italia nella lista degli Stati Uniti, dove ci sarebbero stati uomini politici “a libro paga”. Certo è che, proprio in Italia, sono diversi i partiti ad avere rapporti con il Cremlino.

Il presidente del Copasir, Adolfo Urso, in trasferta a Washington, ha detto: “Al momento non risulta il coinvolgimento dell’Italia, ma le cose potrebbero cambiate”. E il condizionale non va che ad aumentare i dubbi su modi e tempi di diffusione delle informazioni, considerate anche le note informali di questi ore, in cui si specifica che il dossier non sarà consegnato ai governi stranieri perché “classificato”. Ovvero: secretato.

Gli analisti ritengono che la notizia(bomba) filtrata martedì sera possa essere, in realtà, un avviso, una sorta di warning per chi vincerà le elezioni italiane rispetto all’atteggiamento da tenere nei confronti di Washington. Motivo in più per spingere l’esecutivo in carica a sollecitare informazioni chiare sugli elementi raccolti dagli analisti statunitensi. E, soprattutto, su eventuali dettagli italiani perché finora si è parlato genericamente di fondi ai partiti stranieri. Sì, ma quali?

Un interrogativo, al momento, senza risposta. Zero chiarimenti anche sul motivo per cui l’indagine avrebbe riguardato le elargizioni di Mosca dal 2014, l’anno dell’invasione della Crimea e del Donbass. Data cruciale rispetto alla guerra in corso tra Russia e Ucraina, sottolinea Sarzanini, che potrebbero aver spinto l’amminitrazione Biden – schierata al fianco del presidente Volodvmyr Zelensky – a sollecitare indagini mirate sulla rete tessuta da Putin. Ma la scelta di far filtrare i risultati in maniera parziale proprio in questi giorni in Italia fa presto a trasformarsi in accusa di ingerenza sulla campagna elettorale in vista del voto del 25 settembre.