I 5 stelle vanno a sbattere contro il loro statuto: se non votano il Dl Aiuti vanno espulsi

Giuseppe Conte: da avvocato del popolo a liquidatore del Movimento 5 stelle, e tutto questo secondo lo spietato statuto del Movimento medesimo. Eh sì, perché, come giustamente fa osservare l’ex pentastellato Gregorio De Falco, l’ipotesi che sta circolando con sempre maggiore insistenza dalle parti di via Campo Marzio, e cioè quella di non votare la fiducia in Senato sul Decreto Aiuti uscendo dall’aula, è illegittima secondo la normativa interna del partito e comporta la sanzione disciplinare dell’espulsione. Barzellette? No. Movimento Cinque Stelle (il che più o meno è lo stesso)!

A rigor di diritto, lo statuto pentastellato non consente né l’uscita dall’aula né la mancata fiducia a un governo di cui si fa parte: questo vollero i padri fondatori del Movimento e questo si sta ritorcendo contro il partito fino a provocarne potenzialmente l’estinzione per autocombustione. Lo stesso ex capitano della Guardia Costiera – divenuto famoso per quel “risalga a bordo, cazzo” gridato al capitano Francesco Schettino subito dopo lo schianto della Costa Concordia all’Isola del Giglio – è un osservatore privilegiato di queste dinamiche dato che le ha sperimentate sulla sua pelle, da ex senatore del Movimento, allorché fu vittima della medesima normativa e quindi espulso.

Correva l’anno 2018, il governo era quello gialloverde. In discussione al Senato c’era il primo dei decreti sicurezza di Salvini. De Falco, insieme a una sparuta minoranza di senatori, non ne volle proprio sapere di votare a favore e quindi uscì da Palazzo Madama. Ebbene, fu proprio Stefano Patuanelli, allora capogruppo del Movimento al Senato, a segnalare al capo politico dei Cinquestelle, Luigi Di Maio, il comportamento “contra legem” dei ribelli che quindi vennero prontamente sacrificati all’altare del Salvimaio. De Falco e gli altri furono espulsi per violazione delle regole interne e il Governo sopravvisse altri 10 mesi circa, fino al Papeete. Sembrano barzellette, invece sono cose serie come dimostra il fatto che il Tribunale Civile a cui De Falco era ricorso in opposizione all’espulsione, in sede cautelare ha dato ragione proprio al Movimento. Dura lex sed lex!

Oggi, per un curioso contrappassso, Conte dovrebbe espellere tutti i senatori pentastellati che volessero seguire l’indicazione di…… Giuseppe Conte (sic!) di uscire dall’aula al momento della fiducia sul Decreto Aiuti. Fantascienza? No. Movimento Cinque Stelle! Il bizzarro scenario è reso possibile da uno statuto francamente ridicolo che ingabbia la volontà del parlamentare obbligandolo a scelte vincolate con buona pace della capacità di giudizio del singolo. Questo probabilmente è il modo in cui il Movimento considera i propri rappresentati di Camera e Sanato: delle pedine prive di capacità di discernimento e di sostanziale autonomia messe lì solo per eseguire “ordini superiori”. E par che sia un destino che questi accettano con masochistico entusiasmo, dato che stanno correndo tutti incontro alla tagliola statutaria senza minimamente porsi il problema.

C’è da chiedersi se tutto ciò sia serio. Nella loro follia (non c’è altro modo per descriverla), tutto questo è il prezzo che pagano per l’impossibilità di abolire la norma costituzionale del divieto di mandato imperativo. Preso atto di tale limite al momento invalicabile, non potendolo abolire per tutti, il Movimento lo ha abolito per se stesso e adesso, incartandosi in modo grottesco e francamente tragicomico, il tutto gli si ritorce contro. Per la prima volta nella gloriosa storia repubblicana, il partito di maggioranza relativa rischia l’autoliquidazione coatta.

Saranno coerenti fino in fondo i nostri novelli samurai? Si sacrificheranno in onore alla parola data (anzi, scritta)? C’è più di un motivo per dubitarne. La poltrona par che piaccia assai a chi voleva rivoltare il Parlamento aprendolo come una scatoletta di tonno, ed è inverosimile che i tonnari vogliano essere a loro volta mattati sotto la scure torquemadiana dei probiviri pentastellati. Quindi trepida attesa!

Come andrà dunque a finire? Secondo De Falco, finirà come sempre. Grideranno a e abbaieranno alla luna per poi accontentarsi di un compromesso al ribasso con qualche timida apertura da parte del premier, rinviando la crisi alla prossima occasione. Statuto permettendo.