Identità e approssimazione: ecco perché i primi passi del governo Meloni sono stentati

Che un governo di destra desse un’impronta identitaria alla propria azione era prevedibile e non c’è affatto da stupirsi. Al contrario, c’è da meravigliarsi, e non poco, sull’approssimazione che mal si concilia con gli annunci della vigilia: “Siamo pronti”, “Costituiremo una squadra autorevole e competente”. E invece…

Invece il nuovo reato di rave party, introdotto da un decreto legge basato sull’emergenza di un evento che nel frattempo si è risolto senza incidenti sulla base delle vecchie regole, ha finito per creare più confusione che identità. La nuova legge, infatti, è stata scritta in modo così affrettato da richiedere quasi immediati annunci di correzione, per evitare che si realizzasse ciò che non si voleva (almeno a parole): la potenziale repressione di manifestazioni antigovernative e il possibile uso di intercettazioni durante le indagini. L’attuale formulazione del decreto consente entrambe le cose, dunque l’urgenza sono diventati i rimedi da introdurre in Parlamento. Richiamati anche dal neoministro della Giustizia Carlo Nordio, che s’è trovato a dover difendere (o comunque a non disconoscere) il provvedimento presentato dal collega dell’Interno Matteo Piantedosi.

Si può tuttavia immaginare – osserva (a ragione) Giovanni Bianconi sul Corriere della Sera – l’imbarazzo del Guardasigilli di fronte all’ondata di riprovazione alzatasi da giuristi e avvocati, prima ancora che dagli ex colleghi magistrati, per una simile norma avallata da un garantista liberale come lui.
Pasticci, contraddizioni, correzioni, imbarazzi. Tutti già protagonisti di passi falsi o commissariati dai partiti. Il caso più eclatante è proprio quello di Nordio, che in una manciata di giorni si è trovato a rimangiarsi decenni di sue convinzioni giuridiche e coraggiose prese di posizione. Il giorno del giuramento da Guardasigilli, Nordio espose la sua nota filosofia garantista che consisteva nella velocizzazione della giustizia attraverso “una forte depenalizzazione e quindi una riduzione dei reati”: bisogna “eliminare questo pregiudizio che la sicurezza o la buona amministrazione siano tutelati dalla legge penale: questo non è vero”.

Al suo esordio, da ministro ha fatto esattamente il contrario introducendo per decreto un nuovo reato, quello di “rave party”, attraverso una norma scritta con i piedi che risponde alla panpenalizzazione e al populismo penale contro cui Nordio si è battuto per una vita.
Per giunta, Nordio ha sempre criticato il ricorso abnorme alle intercettazioni, sia per il costo eccessivo (200 milioni di euro all’anno) sia per la limitazione delle garanzie, eppure il decreto
“anti rave party”da lui approvato prevede pene così elevate che consentono
proprio il ricorso alle intercettazioni.

Anche la figura di Orazio Schillaci, ex rettore a Tor Vergata, è al momento completamente evanescente. Il nuovo ministro della Salute, che da medico e professore era favorevole sia all’obbligo vaccinale sia al green pass, ora approva le misure ideologiche del governo che strizzano l’occhio ai No vax senza essere in grado né di dissociarsi né di sostenere fino in fondo le tesi della Meloni. Insomma, se questa è la partenza, più che grande autonomia e “alto profilo” si prevede un futuro di obbedienza low profile.