I pacifisti si “accontentano” della pace, ma altri chiedono che vinca la verità

Chi si dichiara “pacifista” quale pace chiede? Sappiamo che la pace oggi è necessaria: in lungo e in largo, lo vanno dicendo tutte le principali autorità politiche, ma anche spirituali, dal capo dello Stato italiano Sergio Mattarella a Papa Francesco. Ed è bene non mischiare le cose, non sovrapporre i due piani: il Santo Padre ha declinato il concetto in chiave religiosa, per questo si è rivolto sia al leader russo Putin affinché si fermi il prima possibile con le armi, che al presidente ucraino Zelensky, invitandolo ad essere aperto a delle proposte di negoziato; Mattarella invece ha sottolineato un altro aspetto, che è una precondizione da cui non si può prescindere: che la pace sia «il ristabilimento della verità, del diritto internazionale, della libertà del popolo ucraino». Che vuol dire in soldoni una cosa sola: si potrà arrivare ad una tregua, ma non ad una pace duratura, se si continua a mettere sullo stesso piano aggressore e aggredito.

Nei talk show i pacifisti non mancano, si riconoscono facilmente perché son quelli che non dicono esplicitamente che Davide (l’Ucraina) dovrebbe rinunciare a difendersi da Golia (la Russia), perché Golia, conscio delle sue dimensioni, può farlo fuori da un momento all’altro, come ha ricordato oggi anche Marco D’Egidio sull’«HuffPost», ma che spudoratamente pensano che la richiesta di resa di Kiev a Mosca, la rinuncia dell’Ucraina a parte del proprio territorio annesso illegalmente da Vladimir Putin eviterebbe il prolungamento di una guerra che minaccia di diventare atomica. Gli pseudo pacifisti ignorano un fatto fondamentale: la resistenza dell’Ucraina ci riguarda tutti, è la difesa dei nostri valori, dell’Occidente. Mostrarsi uniti e inviare armi a Zelensky non significa alimentare un conflitto che non ci tocca, è spedire un messaggio ben preciso: vuol dire non incoraggiare in futuro il tiranno di turno a risolvere con la forza le proprie contese territoriali.

Come scrive oggi Antonio Polito su «Il Corriere della Sera» in un bellissimo editoriale: «La via per fermare la guerra passa da un ‘ristabilimento della verità, come sostiene Mattarella che indica in Putin il responsabile di ‘un inaccettabile diritto di aggressione’. Chi invece tace il nome del presidente russo come autore dei massacri introduce un dubbio sulla responsabilità di questa follia». È indispensabile chiamare le cose con il loro nome e condannare la logica vigliacca dello zar, il quale non riuscendo a vincere è tornato a bombardare nelle scorse ore degli innocenti. A tal proposito il giornalista cita il grande G. K. Chesterton, che in uno scritto rivela il paradosso in cui incappano quasi tutti i pacifisti: «Vorrei indirizzare la mia protesta soprattutto contro quegli amanti e quei propugnatori della pace che, con straordinaria ristrettezza di vedute, hanno di tanto in tanto assecondato questa attitudine. Mi riferisco al fastidio per quei dettagli preliminari su chi abbia fatto questo o quello, e se ciò fosse o meno giusto. Essi paiono soddisfatti semplicemente affermando che una enorme calamità, chiamata guerra, è stata iniziata da qualcuno, o da tutti, e dovrebbe essere conclusa da qualcuno, o da tutti. Desidero dire a costoro che si sbagliano: che si sbagliano a proposito di tutti i principi della giustizia umana e della continuità storica».

Non c’è pace senza verità. Scrive ancora Chesterton: «Se incendio una casa, può essere che il padrone di casa sia bruciato perché era ubriaco; può darsi che la padrona di casa sia bruciata perché avara, e sia morta mentre litigava sul costo di una scala antincendio. Ciò nondimeno, resta ancora più vero che entrambi sono bruciati perché ho dato fuoco io alla loro casa». Il punto è proprio questo. Pregare per la pace è un discorso, d’altronde a nessuno piace la guerra, ma la politica estera è un’altra cosa. Quest’ultima, lo ripetiamo, passa per la ricerca della verità, come atto dovuto a chi in questo conflitto ha perso ogni cosa. È quello che il premier uscente Mario Draghi va ricordando da mesi, da che la guerra è cominciata: «Il nostro obiettivo deve essere la pace, ma una pace che sia giusta e voluta dall’Ucraina». L’ha ribadito anche ieri al “G7”, a cui ha partecipato Zelensky: «Condanniamo con forza i bombardamenti sui civili e sulle infrastrutture civili da parte della Russia. Questi bombardamenti devono spingerci a sostenere l’Ucraina con la stessa determinazione che abbiamo avuto finora».