Esiste un giornalismo, caro al mondo anglosassone, che si professa obiettivo, imparziale, in cui ogni notizia viene confermata tre, quattro volte. Certo, tutto ciò avviene quando non c’è di mezzo Israele.
Con titoli che trasmettono certezze e una rapidità che non concede spazio alla conferma, mezzi di comunicazione come la BBC sembrano pronti a considerare i comunicati di Hamas come fonti ufficiali. In modo improvviso, quando si tratta di Israele, sembrano trascurare l’obbligo di verificare e confermare le notizie. Ad esempio, se un ospedale a Gaza viene colpito e i terroristi di Hamas, che da anni tengono la Striscia sotto assedio, dichiarano immediatamente che l’attacco è stato condotto da Israele e che ci sono cinquecento vittime, la conclusione precipitosa è che Israele ha bombardato l’ospedale. In questo modo, Hamas sembra prevalere nella guerra dell’informazione, ma è sorprendente come siano stati i sostenitori più accaniti del giornalismo obiettivo ad essere i primi ad essere influenzati.
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Dopo la notizia relativa all’ospedale al Ahli, Israele è rimasto in silenzio, affermando che doveva ancora verificare quanto fosse accaduto. Tuttavia, quando, in base alle sue indagini, ha comunicato che l’edificio era stato colpito da un razzo del Jihad Islamico, era ormai troppo tardi: la responsabilità di Israele e le cinquecento vittime erano diventate una verità consolidata. Ciò è accaduto non solo perché Hamas era stato più celere nell’annunciare la notizia e nell’accusare Israele, ma anche perché molti mezzi di comunicazione avevano prontamente ripreso e insinuato queste affermazioni, conferendo una certa credibilità alla versione del gruppo terroristico. Chi ritiene che l’obiettività sia un principio fondamentale del giornalismo dovrebbe applicarlo in tutti i contesti e in ogni conflitto. Altrimenti, c’è il rischio di diventare involontariamente strumenti di propaganda.