Il mondo della Giustizia è in fermento – già ne abbiamo parlato tante volte negli ultimi tempi – perché, indipendentemente dai singoli temi, si assiste a una novità assoluta nel panorama politico-giudiziario italiano da decenni a questa parte. Probabilmente non si è mai visto un tentativo di riforma organico e sistematico di un settore così strategico per lo Stato che almeno negli ultimi 30 anni è stato oggetto di interventi solo parziali e contingenti, talvolta palesemente condizionati da singole vicende processuali.
Lo si faccia per ottenere le risorse del Recovery Fund o perché finalmente la classe politica si è resa conto che il sistema è al collasso (o forse per ambedue le cose) è poco rilevante. La cosa importante è che ci si stia provando e questo, già di per sé, è rivoluzionario nel paese del conservatorismo giudiziario più spinto. Ne dà conto con la consueta precisione e competenza il Professor Sabino Cassese, il quale, in una intervista al Corriere della Sera, offre una panoramica ottimista e sostanzialmente positiva circa la riforma Cartabia della quale invita a valutare l’impianto complessivo e non i singoli “pomi della discordia”.
Intanto, la semplificazione delle procedure giudiziarie civile e penale, al fine di smaltire l’enorme arretrato e accelerare i tempi della giustizia. Non è più sostenibile la media di 7 anni per un processo civile e minimo 3 anni per un processo penale. Ne va della credibilità del Paese oltre che della fiducia degli investitori stranieri, spesso atterriti dall’ipotesi di avere a che fare con le corti italiane. Per la prima volta, si parla di seri investimenti nel comparto giustizia, dall’assunzione di nuovi magistrati e personale di cancelleria (la mancanza dei quali costituisce la causa principale della lunghezza del processo) alla regolarizzazione dei giudici onorari, fino a una accelerata sulla digitalizzazione che dovrebbe garantire maggiore semplificazione e velocità nelle procedure.
Insomma, un piano ambizioso che ha ottenuto anche il plauso di Ursual Von der Leyen per l’impegno con cui il Governo sta provando a modificare radicalmente il pianeta Giustizia a tutto tondo per riportarlo su canoni accettabili e coerenti con la Costituzione e lo Stato di Diritto.
A questo proposito, Sabino Cassese guarda con favore all’introduzione del Decreto sulla presunzione di innocenza che limita i poteri di esternazione delle procure prima della sentenza definitiva in ossequio al principio di non colpevolezza stabilito dall’art. 27 Cos.; e guarda altresì con favore anche ai tentativi di superare le drammatiche problematiche che affliggono da tempi immemori il sistema carcerario a partire da quelle strutturali.
Un piano di edilizia carceraria sensato che non si esaurisca solo nello slogan “costruiamo più carceri” per tamponare l’emergenza del sovraffollamento ma che sani anche l’esistente ponendo rimedio alle indecorose condizioni di chi in carcere già c’è e deve essere trattato con dignità e nel rispetto della funzione rieducativa della pena. Bene anche la riforma del CSM e la modifica nel sistema di elezione dei membri dell’organo di autodikia dei magistrati, passato alla Camera senza ricorrere al voto di fiducia. Se poi, ciò sarà sufficiente o meno (come sostengono altri), lo vedremo a legge applicata.
Nel complesso, quindi, una buona riforma che avvicina finalmente il mondo della giustizia ai cittadini, soprattutto a quelli più fragili e sensibili, dai minori ai detenuti, alle vittime dei reati senza tuttavia compressione dei diritti dell’imputato. Un percorso iniziato con tra Settembre e Novembre dell’anno scorso con le leggi-delega e che sta avviando un positivo e fecondo cantiere di novità. L’eminente costituzionalista non nega certamente i punti controversi su cui però invita a non fossilizzare l’attenzione più del necessario, perdendo di vista l’impianto complessivo che rimane positivo ed è il frutto di un disegno riformatore che per la prima volta nella storia della repubblica ha la possibilità di migliorare l’efficienza generale della giurisdizione intesa nel suo senso più ampio.
Vi è, poi, l’incognita dei referendum che però in parte (custodia cautelare, incandidabilità e decadenze) coprono materie non regolate dalla riforma e che quindi potrebbero portare ancor più linfa a quel disegno riformatore cui Cassese accenna. Vedremo il 12 giugno nella speranza che si raggiunga il quorum e i cittadini siano messi in condizione di spronare il Parlamento a fare ancora di più e ancora meglio. Ultima stilettata, il professore la riserva a quei magistrati che strillano allo sciopero (anche se invero, l’attualità del progetto pare ridimensionata rispetto a qualche settimana fa) poiché non si rendono conto che in questo momento questa scelta contribuirebbe a minare ancora di più la fiducia dei cittadini nelle toghe, già piuttosto bassa.