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Giro di vite: l’Europa di domani né con Putin né con la Cina

Probabilmente Dante avrebbe inserito il Dragone nella IX Bolgia dell’VIII Cerchio, tra i seminatori di discordie. Perché questo sembra essere il sottile piano della Cina: allontanare l’Ue e l’America mostrandosi “cortese”. Nei giorni scorsi Pechino e i suoi media hanno provato a mettere il vecchio continente e gli Usa uno contro l’altro, incolpando i secondi di aver provocato la Russia attraverso l’espansione della Nato. Un atteggiamento subdolo che non deve stupire: per sua natura Pechino è portato a trattare gli stati giudicati minori come dei meri burattini di quelli più grandi.

Il fatto è però che l’Europa è tutt’altro che un Paese “satellite”, pesa molto oggi nel mondo. Nel Sudest Asiatico (Paesi Asean), negli 11 anni tra il 2010 e il 2020, la Ue è stata il primo investitore cinque volte, così come gli Stati Uniti, il Giappone una. Nel 2020, come riferisce «Il Corriere della Sera» l’import dei Paesi del Sudest Asiatico è arrivato per 23,5%dalla Cina, tuttavia Usa, Ue, Giappone, Corea del Sud, Taiwan e Australia hanno sfiorato il 40%. Come guardare dunque il summit di oggi tra Xi Jinping e Li Keqiang, il presidente e il primo ministro della Cina, e i capi di stato di governo dell’Ue? Senza dubbio, per il futuro – e la crisi ucraina lo ha dimostrato, ne vediamo gli effetti sui mercati – l’Europa deve farsi adulta, spezzare le catene di ‘dipendenza’ dalla Russia, come pure dalle altre autocrazie. Cina compresa, ovviamente. Evitare di cadere in certi “tranelli”.

Il presidente Xi Jinping in video conferenza con i presidenti del Consiglio e della Commissione Ue, Charles Michel e Ursula von der Leyen, ha detto di auspicare che Pechino e Bruxelles “svolgano un ruolo costruttivo e forniscano alcune intuizioni sulla turbolenta situazione mondiale”, intravedendo nella relazione bilaterale “un fatto stabilizzante a livello internazionale”. Un conto però sono le intenzioni, un altro i fatti. Tante sono le ombre che hanno caratterizzato quest’importante vertice. In ordine sparso: la vicinanza di Pechino a Mosca sull’invasione in Ucraina, le tensioni per le sanzioni cinesi contro parlamentari Ue, colpevoli di avere parlato della persecuzione degli uiguri; e ancora quelle contro la Lituania, ritenuta troppo amica di Taiwan.

“È un momento cruciale per le decisioni che prendiamo nei confronti  del resto del mondo. Il prolungarsi di questa guerra non conviene a nessuno”, ha detto la presidente della Commissione Europea Ursula Von der Leyen, al termine del incontro Ue-Cina. Pechino ha chiesto a Bruxelles di lasciare da parte la “mentalità da Guerra Fredda” sulla crisi in Ucraina. Una preghiera, se vogliamo, di comodo. La risposta di Ursula Von der Leyen però è stata precisa: “L’equidistanza non è sufficiente, serve un impegno attivo. Ci deve essere il rispetto del diritto internazionale e della sovranità e dell’integrità territoriale dell’Ucraina. La Cina, in quanto membro permanente del Consiglio di sicurezza dell’Onu, ha una responsabilità speciale”. Che costruire una pace duratura è l’obiettivo comune, questo è chiaro a tutti, ma perché si realizzi serve una franchezza che la Cina non ha (ancora) dimostrato. L’Europa ne è consapevole.