Il recente contrasto tra Giorgia Meloni e Giancarlo Giorgetti non è un semplice battibecco tra due leader del governo italiano. Si tratta, piuttosto, dell’emblema di una frattura sempre più ampia tra due visioni del mondo che, benché convivano all’interno della stessa coalizione di governo, appaiono diametralmente opposte.
Dall’una parte, Giorgetti, Ministro dell’Economia, esprime con forza un liberalismo attento e responsabile, che riconosce nel progetto europeo un’opportunità piuttosto che un ostacolo. La sua ferma posizione a favore della ratifica del Salva Stati è simbolo di una scelta di campo chiara e coraggiosa, nonostante i rischi di frattura all’interno dell’esecutivo e le tensioni con Palazzo Chigi.
Il confronto con Meloni, durante una recente cerimonia della Guardia di Finanza, ha messo in evidenza le differenze tra le due visioni. Il commento della Premier, che in modo accorato ha esortato Giorgetti a “contenere i suoi”, mostra un’immagine di una destra preoccupata, forse spaventata, di fronte alla prospettiva di un mutamento che potrebbe minare l’equilibrio interno.
Ma Giorgetti non cede. Mantiene la sua posizione sulla missiva che sostiene il Salva Stati, conscio di lanciare un segnale di responsabilità. E difende, anche a rischio di accendere un conflitto, le ragioni per cui l’Italia trarrebbe beneficio dal trattato: la salvaguardia di un Paese con un alto debito pubblico, la protezione dei titoli di Stato, e l’assenza di controindicazioni per l’Italia.
Il punto è che, volenti o nolenti, il confronto tra la visione sovranista di Meloni e il liberalismo di Giorgetti è inevitabile e, forse, necessario. È un confronto tra due modelli di destra, una anti-europea e sovranista, l’altra liberale ed europeista, che prima o poi si sarebbero scontrati. È un confronto che potrebbe definire il futuro della destra italiana.
Non si tratta, però, di una mera disputa interna. È una questione che riguarda il futuro dell’Italia. È il momento di decidere quale direzione prendere, se quella di un sovranismo chiuso e ostile all’Europa, o quella di un liberalismo responsabile e consapevole dell’importanza di una collaborazione costruttiva con l’Europa. Non si tratta solo di politica, ma del futuro economico e sociale del nostro Paese.