Fratelli (d’Italia) coltelli: le trame di Silvio e Matteo per mettere all’angolo Giorgia

Fratelli (d’Italia) coltelli. Che il centrodestra “unito” – lanciato dai sondaggi e trainato da Giorgia Meloni verso il successo elettorale – in realtà non esista e si tratti solo di un cartello fittizio in vista del ritorno alle urne è abbastanza palese. Basta, peraltro, al di là delle liti per collegi e leadership, leggere le dichiarazioni odierne di Silvio Berlusconi per averne un’idea più chiara: il Cavaliere, che in accordo con Salvini non vuole IoSonoGiorgia alla guida della coalizione, terrebbe in caldo un sondaggio che, a suo dire, rischia di far perdere le elezioni al centrodestra se la leadership sarà affidata a Fratelli d’Italia.

Il ragionamento di partenza è l’accusa di fascismo che la Meloni si porta dietro, e che, per Berlusconi (e per buona parte degli osservatori internazionali) “spaventa il nostro mondo e i nostri elettori”. Vale a dire i moderati, o almeno quelli rimasti a votare Forza Italia. Già ieri era stato Tajani, che il PPE vorrebbe candidato premier, a lanciare un messaggio alla leader di FdI: “Meloni agli attacchi deve rispondere mostrando serietà – ha detto – e dimostrando di essere diversi da come si viene dipinti”. Il concetto, poi, è stato ribadito ieri da Maurizio Gasparri. “il problema della Meloni – ha detto a Metropolis – non è tanto rivendicare il primato della coalizione, ma dimostrare che non è quel mostro nazifascista che descrivono. Meloni ha 46 anni e credo sia consapevole del problema. Oggi deve chiarire non solo le sue posizioni, che per me non sono nazifasciste, ma dimostrare che la sua è una coalizione equilibrata”. Insomma, la richiesta ufficiale di Forza alla Meloni è quella di prendere le distanze da se stessa. E di rimettere la decisione su a chi spetta fare il capo del governo non in mano agli elettori, che favorirebbero Giorgia, ma agli eletti della prossima legislatura (quelli di FI e Lega insieme potrebbero anche superare i parlamentari di FdI).

Ma dentro questo ginepraio c’è molto di più. C’è l’asse Arcore-Pontida, un patto secondo cui Matteo Salvini (che ha ripreso in modo assiduo un dialogo con Mosca mai interrotto), vorrebbe rivendicare la premiership per sé o per qualcuno di sua fiducia, consegnando poi la presidenza del Senato all’ottantaseienne Silvio Berlusconi e mettendo le mani su ministeri strategici. Accordo, ovviamente, che alla Meloni – intenzionata a chiedere agli “alleati” il 55% dei seggi e la leadership della coalizione – non sta bene. Lo scontro è acceso e la battaglia, al di là dei richiami di facciata all’unità, apertissima. Al punto che Fratelli d’Italia potrebbe anche scompigliare le carte e presentarsi da solo alle elezioni. Ne parleranno i tre segretari di partito oggi alla Camera, per volontà di Meloni, e non a Villa Grande, quartier generale berlusconiano a Roma, o in una location più gradita alla Lega.