O rispetti le tappe o si ferma tutto. Il ritardo che oggi abbiamo accumulato sull’avanzamento della spesa legata anche ai progetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza rischia concretamente di aumentare per l’incapacità di molti Comuni. Il problema è che il 69% dei comuni ha meno di 1000 abitanti e non ha le strutture tecniche per portare avanti le opere: dalla progettazione, ai bandi, alla realizzazione.
Ai Comuni andranno 48,5 miliardi di tutto il piano e altri 14,5 alle Regioni. Ma mentre le Regioni hanno uffici e competenze più strutturate, molti Comuni hanno già chiesto di essere sostenuti nell’attuazione delle iniziative del Pnrr. Solo a fine febbraio il Mef ha istituito un tavolo di monitoraggio per “verificare che la pioggia di fondi sia ben utilizzata”, mentre la Funzione pubblica ha lanciato una piattaforma con Cdp, Invitalia e Mediocredito Centrale per dare supporto tecnico agli enti locali.
Sta di fatto che l’Ance ha analizzato 596 progetti presentati da 177 amministrazioni locali, per un totale di 1,2 miliardi di euro. Ebbene l’80% non ha un progetto esecutivo che consente di aprire il cantiere, il 66% ha solo un progetto di fattibilità tecnica ed economica, il 72% dei progetti non è stato aggiornato rispetto agli incrementi di prezzi dei principali materiali da costruzione.
Solo due esempi: un Comune in provincia di Bergamo ha chiesto 3 milioni di euro per una riqualificazione dell’edilizia residenziale, ma ha solo un progetto di fattibilità, e uno in provincia di Benevento ne ha chiesti 800 mila per costruire una scuola, ma non ha nemmeno il progetto.
L’Ance conclude che i ritardi sull’attuazione del Pnrr saranno inevitabili. È auspicabile che non si ripeta il brutto film dei Fondi per lo sviluppo e la coesione 2014/2020 (Fas), dove abbiamo speso poco più del 9% dei fondi stanziati.