“Oggi il 91 per cento degli ucraini vuole essere europeo, e l’Eurobarometro dice che il 77 per cento degli europei ci vuole con loro. A fine giugno ci sarà l’esame del Consiglio europeo: ricevere lo status di candidato significa impedire che qualcuno ci chiuda questa porta sul naso. E non cerchiamo di entrare dalla porta sul retro, non stiamo rubando niente. Ma per noi sarà come un combustibile: la guerra non si fa solo sul campo, ma anche nello spirito”. Emine Dzhaparova è il primo viceministro degli Esteri dell’Ucraina, in Italia in questi giorni prima per il Consiglio d’Europa a Torino e poi per una lectio magistralis alla Luiss (piuttosto, chissà se Alessandro Orsini vi ha partecipato?). Il membro del governo di Kiev invita l’Occidente a non commettere l’errore del 2014, quando Putin ha invaso Donbass e Crimea. “Abbiamo sottoscritto l’accordo di associazione nel 2014 e completato decine di riforme – aggiunge -. Nel 2014 la rivoluzione della Dignità è scoppiata proprio perché Yanukovich non voleva entrare in Europa, ma la gente scese in piazza: ci stavamo staccando dal mondo russo, Putin ha provato a fermarci con il suo burattino Yanukovich. E abbiamo urlato, ma nessuno ci ha ascoltato. È stato come nel 1938: con l’Anschluss di Austria e Sudeti, Francia e Inghilterra pensarono che Hitler si sarebbe calmato. Nel 2014, i Paesi occidentali credevano che Putin si sarebbe accontentato di Crimea e Donbass. Il mio appello è: non ripetete quegli errori”.
Per la ministra, Putin non si accontenterà di prendersi Donbass e Crimea. “Vuole più territorio possibile, dice che tutto sta andando come previsto, ma il progetto di vincere in pochi giorni è fallito – afferma -. Noi vogliamo riprendere quei territori. Putin non minaccia solo noi, ma tutta Europa, e soprattutto Moldavia, Georgia e Paesi baltici. L’Europa deve unirsi a noi contro un nemico comune che al momento sta sul nostro territorio. Nel 2014 Putin ha visto che i politici continuavano a trattare con lui, e le sanzioni erano ridicole. Così gli hanno aperto le porte verso altri crimini, e noi stiamo pagando il prezzo più alto. Venerdì a Torino ho visto la gente seduta nei bar… eravamo così anche noi, poi tutto è cambiato. Noi siamo il muro che protegge l’Europa, vogliamo che l’Europa dia valore a questo. Se vincerà lui, tutto cambierà in un attimo”.
“La nuova Ucraina è europea – conclude -, ha un presidente ebreo e molti ministri tatari di Crimea. Stalin diceva che noi collaboravamo con i nazisti, e così Putin. Ma questo sciovinismo, questo loro nazismo si può fermare solo con la forza. Non con le parole, che per i russi sono una debolezza”.
Tuttavia dall’Europa arriva un freno alla richiesta dell’Ucraina dell’ingresso nell’Unione. Il nuovo ministro francese per gli Affari Europei, Clement Beaune, in un’intervista radiofonica, ha affermato che “bisogna essere onesti, se si dice che l’Ucraina entrerà nell’Unione Europea in sei mesi, un anno o due anni, si mente. Non è vero, Probabilmente lo farà tra tra 15 o 20 anni… ci vuole tanto tempo”. Per Beaune ha poi proposto di far entrare nel frattempo l’Ucraina in quella comunità politica europea proposta dal presidente Emmanuel Macron, ma ha ribadito chiaramente un no a Kiev, sulla scia di quanto affermato giorno fa dal cancelliere tedesco, Olaf Scholz, che si era detto “non favorevole” alla rapida adesione dell’Ucraina al blocco europeo, volendo evitare le “scorciatoie per dovere di equità nei confronti dei sei paesi dei Balcani occidentali” in attesa da tempo di entrare in Europa.
Insomma, Francia e Germania tradiscono Kiev, abbandonando l’Ucraina al proprio destino per non urtare la suscettibilità di Putin. La storia si ripete.