Una destra che non ponga al centro del proprio agire politico la difesa della libertà dell’individuo contro ogni entità collettiva e contro ogni sistema di pensiero monolitico e totalizzante non è destra. Perché la Destra o è libertà o non è!
Il rapporto fra l’attuale destra dominante e i diritti civili è un rapporto complesso, timido e di poco respiro, e questo rappresenta un grosso problema culturale non solo per quest’area di riferimento ma per il progresso dell’intero Paese. Sui grandi temi etici, come quello dell’aborto, la destra di Meloni e Salvini, quella di Orban e Putin per intenderci, sventola ancora oggi il gonfalone della repressione, accompagnato dalla rinuncia a combattere sul piano civile, economico e sociale, la battaglia culturale di chi auspica che nessuna donna si possa mai trovare nella condizione di dover abortire. Ferma restando la libertà di quest’ultima di poter scegliere. Una libertà messa in discussione da aberranti vaticinazioni come quelle del novello Torquemada leghista Simone Pillon, che tra una crociata contro la “stregoneria a scuola” e un’altra a favore “dell’indissolubilità del matrimonio”, profetizza di “impedire alle donne di abortire”. Attenzione, è una tendenza che affonda le radici in un’azione politica degli ultimi decenni che urla per cercare di nascondere la totale incapacità di dare risposte concrete alla e nella modernità.
Che dire, ad esempio, poi del dramma dei Beppino Englaro? Già condannati dalla vita a veder spegnere un prossimo congiunto, eppure additati dai censori come “assassini”. E’ la vuota ideologia della bava alla bocca. Censori che vorrebbero uno Stato invasore delle tragedie familiari, per imporre sovranamente cosa sia vita. Perfino quando nemmeno un padre, o una madre, la vita non la vede più, scegliendo di dare la pace ai tormenti di una figlia, o un figlio.
Argomento scottante in generale, divisivo e lacerante, potentemente di attualità è, infatti, il diritto al fine vita. L’eutanasia suscita contrapposizioni nel dibattito intellettuale e culturale di questo Paese che, non dimentichiamo, ospita il Vaticano ed è tributario di una dottrina sui diritti individuali fortemente arretrata e servente. D’altra parte, 70 anni di storia italiana sono stati dominati da due Chiese – il Vaticano e il Partito Comunista – divise su molti argomenti ma unite nell’avversare la libertà individuale e la sua espressione al di sopra ogni entità collettiva, sia essa spirituale o ideologico-politica.
Sarebbe, tuttavia, opportuno ricordare che lo Stato etico di Hegel (a cui tanto la destra estrema quanto la sinistra sono debitori) è molto diverso dallo Stato liberale nel quale ci vantiamo di vivere, e sarebbe altrettanto opportuno ricordare che quest’ultimo tutela e difende i diritti civili e individuali, che preesistono allo Stato, al Partito o alla Chiesa. Il paradosso di una destra retriva e succube a preconcetti e pregiudizi è quello di consegnare i temi etici e i diritti di libertà individuale alla sinistra che, per i motivi di cui sopra, né è altrettanto negazione storica e filosofica.
La vicenda di “Mario”, al secolo Federico Carboni, tetraplegico da 12 anni, che ha potuto ricorrere all’eutanasia per effetto di una sentenza della Corte Costituzionale Cappato/Dj Fabo, scuote le coscienze e dovrebbe animare la politica che invece tace vigliacca. Nella vicenda specifica, lo Stato non si è voluto fare carico nemmeno dei costi dell’assistenza al suicidio assistito e dell’erogazione del relativo farmaco, che invece sono stati recuperati grazie a donazioni private e al lavoro meritorio dell’Associazione Luca Coscioni.
Le ultime parole di Mario dovrebbero, invero, risuonare nelle orecchie di chi si dichiara liberale, magari con una spennellata “al centro”, e che invece dimostra di essere ancorato a una visione della vita e della morte sostanzialmente arcaica e tribale. Dice Mario: “Non nego che mi dispiaccia congedarmi dalla vita, sarei falso e bugiardo se dicessi il contrario, perché la vita è fantastica e ne abbiamo una sola. Purtroppo è andata così. Ho fatto tutto il possibile per riuscire a vivere il meglio possibile e cercare di recuperare il massimo dalla mia disabilità, ma ormai sono allo stremo sia fisico che mentale Non ho un minimo di autonomia della vita quotidiana, sono in balia degli eventi, dipendo dagli altri su tutto sono come una barca alla deriva nell’oceano. Sono consapevole delle mie condizioni fisiche e delle prospettive future quindi sono totalmente sereno e tranquillo di quanto farò… Abbiamo attaccato difendendoci, abbiamo fatto giurisprudenza e un pezzetto di storia nel nostro paese e sono orgoglioso e onorato di esser stato la vostro fianco. Ora sono finalmente libero di volare dove voglio”.
Parole che commuovono e da cui traspare una forza e una dignità che fanno tremare le coscienze. Perché “la vita è fantastica e ne abbiamo una sola” quando si è liberi di volare dove si vuole. Ma se essa è mera manifestazione biologica di una mente o un’anima imprigionate, allora non è vita, è schiavitù, cioè l’opposto della libertà. Può una destra moderna e laica fuggire da questo dilemma intellettuale, culturale e quindi anche politico? No, non può. Non può rinunciare a farsi carico del dramma dell’individuo che soffre ma non può decidere.
Come può la destra farsi paladina della libertà (per decenni ha inserito quel termine nel proprio brand, è bene ricordarlo) e poi impedirne l’esercizio soprattutto nella sofferenza? Questo non è liberale, questa non è destra. Il valore dell’individuo e della sua libertà non conosce limite se non quello derivante dalla libertà altrui, del vivere associato e dalla necessità di consentire a tutti di esercitare il medesimo diritto. Al di fuori di questa concezione ci sono soltanto sovrastrutture. Che vanno rispettate ma che in un’ottica di laicità dello Stato non possono trovare sponda politica o tantomeno divenire pressione morale.
Invece, il moralismo falso e asfissiante di chi difende la vita prima che compaia ma che non esita a sacrificarla in mare, o ne elide la dignità in nome di presunti principi superiori, impedisce alla politica di esercitare il proprio ruolo e la propria funzione. Cioè quella di allargare quanto più possibile il campo delle libertà individuali nel quadro certamente di regole precise e condivise. Tanto per intenderci, quel che si invoca qui, non è l’arbitrio suicidiario: si chiede, semplicemente, una legislazione coerente, razionale, laica, emancipata che possa allargare il perimetro delle libertà senza alcuna imposizione che non derivi dalla legge, dal buon senso e dalla dignità personale.
Chi vuole, deve essere messo in condizioni di poter essere “libero di volare ovunque voglia” , come ci ricordano le parole di Mario. La coercizione di uno Stato vigliacco che si dimostra servente rispetto ad altro non è destra, né la destra dovrebbe giustificare questo stato di cose. E allora ecco perché non ha senso l’”io sono cristiana” di meloniana memoria, se non si è in grado di comprendere che quella identità rivendicata e agitata come una clave è e rimane intrinsecamente una libera scelta individuale (religiosa nella fattispecie), che non può assurgere a modello ordinamentale e comportamentale né, tantomeno, legislativo.
Ancora su questo la destra italiana deve lavorare molto per emancipare se stessa dall’hegelismo etico dello Stato (moralmente) Assoluto, che, a ben vedere è solo l’altra faccia della medaglia dell’ideologismo di sinistra.