Emergenza Covid-19, quali sono i limiti dell’Unione Europea?

Ora che il principale pericolo è passato, dopo la frana
della gaffe della presidente della BCE Lagarde, che era riuscita nella
operazione impossibile di negare con una sola battuta il ruolo e la funzione di
una istituzione finanziaria il cui compito principale è esattamente quello di
vigilare sulla stabilità dello spread sui titoli del debito pubblico dei Paesi
dell’Euro Zona, ovviamente insieme ai rispettivi governi, e che tutte le
istituzioni UE hanno preso le decisioni giuste in merito agli interventi per
contrastare l’epidemia del Covid-19, non solo sotto il profilo sanitario, ma
anche sotto quello economico e sociale, sembra il momento di affrontare con
serenità e determinazione il perché l’attuale impianto europeo appare così
traballante, tanto da evidenziare ad ogni accenno di difficoltà fenomeni di
possibile disgregazione.

Un indizio significativo emerge dalla intervista della
presidente della Commissione UE Von der Leyen rilasciata al Corriere della Sera
del 21 marzo scorso. Una intervista in cui riassume i provvedimenti presi, in
pratica 1120 miliardi di euro per garantire la liquidità a tutti i Paesi
dell’Euro Zona, più 1800 miliardi di euro per nuovi crediti a famiglie e
imprese, la sospensione a tempo indeterminato delle regole del “Patto di
Stabilità”, che smontano definitivamente ogni argomentazione strumentale dei
sovranisti in servizio permanente effettivo, e perfino la possibilità
dell’adozione di  coronavirusbond
europei, per evitare di fare pesare l’indebitamento contro l’epidemia sul
debito pubblico dei vari Paesi, specie di quelli come l’Italia, la Grecia e la
Spagna con problematiche di eccesso di esposizione debitoria. Una dichiarazione
limpida sulla convinta decisione di operare per “fare qualunque cosa” e senza
limiti di tempo per evitare speculazioni sull’euro e una recessione economica
che l’epidemia, senza interventi di questa imponenza, avrebbe certamente
provocato, con ulteriori devastazioni sociali per l’intera Europa.

Una azione che certamente spazza via ogni residua riserva sulla solidarietà tra europei, fino a quel momento messa in dubbio dai silenzi e dalle mancate assunzioni di responsabilità delle autorità dell’UE. Perfino il MES rischia di essere recuperato in positivo, specie se diventerà la fonte di finanziamento dei coronavirusbond, ovviamente senza l’applicazione delle condizioni al momento previste per i suoi interventi. Uno scenario soddisfacente? Pare di no, perché invece c’è un passaggio dell’intervista rivelatore di una carenza non più occultabile e cioè la mancata risposta alla domanda dei cronisti: “Nel fronteggiare le emergenze, quella migratoria prima e ora la pandemia, l’Unione sta dimostrando i limiti di una costruzione mai finita, a quale strategia sta pensando per unire finalmente le forze?”.

Il totale silenzio della risposta sulla strategia non è un
limite della signora Von der Leyen, ma purtroppo dei paesi europei, che hanno
lasciato incompiuto un impianto istituzionale con ambizioni molto più alte e,
come un palazzo in costruzione non ultimato ma abitato, con difficoltà enormi
da gestire e con tanti inquilini insofferenti, che magari sognano di
traslocare. Ma perché tutto ciò? Qual è il male oscuro di un’Europa che ebbe la
razionalità, all’indomani della seconda guerra mondiale, dopo l’ennesima
carneficina degli ultimi tre millenni, di capire che non si poteva più andare
avanti in questo modo e che occorreva avviare una cooperazione tra tutti i
popoli europei per scongiurare il ripetersi di tali tragici e ciclici eventi?
Così nacquero i primi timidi impianti europei come la CECA e la CEE, fino alla
Costituzione Europea. E fu questo il momento in cui esplosero le contraddizioni
e gli egoismi che consentirono in alcuni referendum nazionali indetti per
l’approvazione della costituzione il suo fallimento. A 54 anni di distanza
dalla fondazione della CECA, ancora una volta si registrò la vittoria degli
egoismi nazionali, ma in un contesto storico dove a dominare il mondo c’era
un’unica super potenza, gli USA di cui l’Europa, nelle sue articolazioni
nazionali, era alleata. Poteva starci, anche se era sbagliato rinunciare al
processo di edificazione di una entità federale di stati europei.

Ma da allora com’è stata l’evoluzione del pianeta in termini
di geopolitica e super potenze? L’esplosione del terrorismo islamico,
l’affacciarsi della Cina prima in Africa e poi in Europa con l’acquisizione impressionante
di asset strategici, ed anche della Russia, con la sua politica aggressiva
e  le sue sfere d’influenza nel Medio
Oriente, in Africa e nel comparto energetico, la presenza dopo cento anni dei
Turchi in Tripolitania e dei Russi in Cirenaica, e l’assenza di qualsivoglia
ruolo internazionale dell’Europa, bullizzata dagli USA con la gestione Trump e
immobilizzata dagli interessi nazionali dei vari paesi che la compongono,
nessuno dei quali ormai nelle condizioni di poter svolgere con credibilità qualsivoglia
ruolo internazionale, hanno portato di conseguenza ad un mondo ormai sotto il
controllo dalle tre potenze USA, Russia e Cina che hanno approfittato dell’auto
emarginazione dell’UE.

Questo è il male oscuro dell’Europa, che il Covid-19 ha
messo definitivamente in luce. L’Europa non è in difficoltà perché ha l’Unione
Europea degli egoismi nazionali che soffre di un eccesso di potere, e quindi
hanno torto le analisi dei sovranisti che rivendicano maggiori ruoli agli stati
nazionali, ma esattamente il contrario e cioè la mancanza di un governo
federale Unito, un Parlamento che faccia leggi e prenda decisioni politiche, un
solo esercito e leggi e gestioni uniche dei settori strategici come la
sicurezza, la sanità, il fisco, il credito, il welfare e la difesa nel mondo
degli interessi europei e, quindi, l’esigenza di una entità federale che si
segga al tavolo delle super potenze per rivendicare il posto che le spetta di
diritto.

Questa è l’unica vera sovranità che conta, il patriottismo
della ritrovata identità europea, con la quale ogni popolo del vecchio
continente può esprimere il meglio di se, nell’assoluta parità garantita dalla
piena cittadinanza, che è sancita dal diritto di eleggere le comuni istituzioni
rappresentative. Il futuro non può essere la conferma dell’UE perché così com’è
è del tutto inadeguata, ma solo la ripresa del processo di costituzione degli
Stati Uniti d’Europa. Al di fuori da questo contesto l’unica libertà che resta
ai Paesi europei che volessero insistere in una visione passatista e superata
di egoismi nazionali, è solo quella di poter scegliere l’impero di cui vogliono
diventare colonia, ed in questo senso alcuni sovranisti di casa nostra pare che
già si siano portati avanti.