Finita la luna di miele mediatica del dopo elezioni (luna di miele meritata perché è il primo premier donna e di destra che chiude il cerchio della svolta di Fiuggi di Gianfranco Fini e dell’indimenticabile Pinuccio Tatarella), Giorgia Meloni dovrà smussare non poco il sovranismo della destra italiana in favore di una linea europeista e filoatlantica.
Ci sono, infatti, da mantenere sia le aspettative europee, sia dell’ amministrazione americana (che ha detto “yes”, ma con riserva, alla Meloni ) preoccupata della tela conquistatrice di Putin che non consente distrazioni populiste e sovraniste soprattutto in Europa, che rimane un continente strategico a livello geopolitico. Poi c’è il Trattato del Quirinale firmato da Draghi e Macron che influenzerà il rapporto tra Italia e Francia in senso europeista e la Meloni dovrà mantenere quindi un rapporto importante con il presidente francese.
Se le elezioni Europee del 2024 fossero vinte dai sovranisti, cambierebbe anche la linea europeista e atlantista della Meloni? Io credo che alla Meloni converrà mantenere un equilibrio tra europeismo e sovranismo rispetto ai vari temi e argomenti che un Governo deve affrontare: un risultato positivo per i sovranisti in Europa potrebbe legittimare da parte di essi il fatto di pretendere maggiori attenzioni da parte della Meloni.
Dal punto di vista della politica interna, la leader di FdI dovrà puntare ad un obiettivo fondamentale ed imprescindibile: le Riforme, che potrebbero essere realizzate o attraverso l’ Assemblea Costituente o con la Bicamerale. Dal mio punto di vista sarebbe difficile giungere ad un referendum confermativo come prevede la Costituzione quando si scrivono leggi di riforma costituzionale che non superino la maggioranza dei due terzi del Parlamento. Il primo motivo è legato all’ opportunità e necessità della Meloni di non dividere il Paese (altrimenti non sarebbe una svolta storica), il secondo è evitare che il referendum si trasformi in un voto pro o contro la Meloni (referendum di Renzi… docet! Avrà insegnato pure qualcosa). Di sicuro il referendum sarà l’ultima carta da giocare e quindi la Meloni farà di tutto per evitarlo.
Gli Stati Uniti d’ America e l’ Europa hanno voluto concedere una cauta alla premier italiana e per questo motivo la sua linea sarà europeista e filoatlantica, ma dovrà fare attenzione a non innervosire l’ area più populista e sovranista della destra, dalla Lega a una parte di Forza Italia. Non a caso, nella nuova compagine di governo abbiamo il Ministro dell’Ambiente e della “Sovranità” ecologica e il Ministro dell’ Agricoltura e della “Sovranità” alimentare: entrambi sono chiari riferimenti al “sovranismo”.
La domanda che tutti si pongono a questo punto è quanto durerà il Governo? Farà la fine degli altri Governi che lo hanno preceduto? La mia umile opinione è che se provassimo ad analizzare le volontà dei protagonisti politici potremmo giungere ad una conclusione: Berlusconi strillerà molto ma penso sia il primo a volere un ruolo di spicco e da protagonista per le riforme (un traguardo che lo riabiliterebbe fra i grandi della storia della Repubblica Italiana, dopo una serie di gaffe che lo hanno escluso e bruciato dalla lista dei papabili presidenti della Repubblica e da un ruolo di prestigio in Europa), quindi gli conviene attendere il percorso delle riforme facendo nel frattempo un pò di teatro per scaldare i suoi elettori. La figura di Tajani? Potrebbe giocare il ruolo di equilibrio filoeuropeo diverso dalle posizioni “putiniane” di Berlusconi. Salvini da parte sua ha già governato e se fallisse anche con la Meloni, per lui potrebbe essere il definitivo tramonto politico. La tregua interna alla Lega con Giorgetti c’è stata con la nomina di quest’ultimo a Ministro dell’ Economia che potrebbe anche diventare a mio giudizio una patata bollente. Nel frattempo l’ ex ministro Maroni osserva attentamente perché potrebbe avere più di qualcosa da dire nel partito.
Renzi e Calenda hanno tutto il diritto di partecipare da protagonisti alle riforme perché rappresentano un partito che, appena nato ha preso l’ 8% alle elezioni politiche e poi perché sono i più europeisti di tutti gli altri. Quest’ultimo elemento non va sottovalutato perché, oltre a Draghi, in Europa hanno un filo diretto con Macron (il suo movimento è Renew Europe), il quale rappresenta un alleato importante per l’Italia. Renzi e Calenda sono destinati ad essere protagonisti al centro e stando all’ opposizione in Parlamento svolgeranno il loro ruolo fino in fondo e con le elezioni Europee tenteranno di far emergere le loro aspirazioni in grande competizione con Conte e una parte del PD. Al tempo stesso, poi, potrebbero attrarre gli elettori di Forza Italia. Attenzione però, potrebbero anche trovare in extremis un accordo con Conte e il PD (magari partendo dalle elezioni regionali nel Lazio). Insomma hanno diverse strade da percorrere e non vi è dubbio che hanno tutto l’ interesse affinché vadano in porto le Riforme.
Conte è in competizione con Renzi, Calenda e il PD. Con le Riforme potrebbe far maturare ai suoi elettori più consapevolezza di Governo perché il M5S è ancora un movimento di opposizione. Ha tutto il tempo per capire cosa accadrà al PD nella fase post Letta e seguire il percorso delle Riforme per trasformare il suo elettorato di piazza in forza di Governo. Se ci riuscisse sarebbe un capolavoro politico. Il suo punto debole è l’essersi mostrato non coerente nelle alleanze (vedi lo scioglimento del patto con il PD in Sicilia a pochi giorni dal voto). Infine la sua linea non pienamente “atlantista”, il putinismo e l’ alleanza che fu con la Lega lo rendono un personaggio non ideale nei rapporti europei e filoatlantici. Le Riforme quindi servono anche a Conte per recuperare credito internazionale e trasformare il M5S in un partito di Governo ed entrare di ruolo fra i leader che potrebbero candidarsi a guidare la coalizione di Centrosinistra.
Il PD dovrà ricompattarsi dopo la sconfitta elettorale perché ci sono le elezioni regionali e poi le Riforme che vuol fare la Meloni potrebbero aiutare il partito ad accelerare la risoluzione interna con una tregua fra le correnti. Il paradosso è che al PD serve tempo e più durerà il Governo Meloni più i dem avranno modo di riorganizzarsi, visto che oggi sono vittima del fuoco politico di Conte e Renzi.
Tutte le strade, dunque, portano alle riforme. Ci sono però la crisi Ucraina, la crisi economica che da decenni appesantisce l’Italia e c’è ancora il pericolo Covid che sta massacrando le imprese e le famiglie Italiane. Il presidente Meloni dovrà portare avanti il PNRR gestito molto bene da Draghi che è riuscito a superare lo scoglio burocratico e politico italiano imponendo urgenti provvedimenti per non perdere i fondi europei. In campagna elettorale sono state fatte dal centrodestra promesse elettorali per le quali io sarei stato più cauto. Penso ad esempio alla flat tax che ha costi enormi e va ben organizzata, ma per ora i fondi economici non ci sono. Ha un costo anche la riforma delle pensioni, e quando si promette l’abbattimento del cuneo fiscale poi bisogna mantenerlo.
Insomma, se non ci sarà una svolta fiscale, per il Governo Meloni la vita potrebbe essere breve. Dal mio punto di vista, se si arrivasse alle riforme con tutto il Parlamento, l’evento potrebbe allungare la vita del Governo. Tutti hanno governato, ora tocca alla Meloni che non deve sbagliare un colpo. Quello che ha promesso deve fare, altrimenti sarà il tramonto definitivo di una intera classe dirigente. Il segnale di una eventuale crisi sarà l’unione delle opposizioni: finché viaggeranno separate e si punzecchieranno vorrà significare che non è ancora tempo di crisi di governo.
La sfida politica è cominciata. Io auspico che vinca sempre una linea europeista e liberale. Buon lavoro al nuovo Governo, perché prima di tutto c’è l’ interesse e il futuro dell’ Italia.