E se Letizia Moratti diventasse un argine contro la destra illiberale?

Attorno alla candidatura alle Regionali di Letizia Moratti, l’ex assessore alla Sanità della Lombardia, può nascere un blocco sociale assai più ampio rispetto a quello rappresentato oggi dai progressisti. Non si può dar torto a Claudio Cerasa: se da un lato c’è una destra che si è specializzata ultimamente nel trollare la sinistra, piantando bandierine su partite come il decreto rave; dall’altra parte c’è una sinistra che potrebbe godere oggi di una straordinaria opportunità politica per provare a sua volta a trollare i propri avversari sul tema della difesa delle libertà individuali. La vicepresidente e assessora al Welfare, come sappiamo tutti, ha criticato la Lombardia sulla decisioni legate al Covid. Ed è stato il suo un atto molto forte, che segna uno spartiacque: nel centrodestra, da adesso in poi, ci sarà da ballare.

Letizia Moratti non è una qualsiasi, ma un pezzo da novanta dell’imprenditoria lombarda. E la sua decisione di mandare a quel paese la destra nazionalista dimettendosi da assessore alla Sanità alla regione Lombardia e da vicepresidente della stessa regione non è gesto che poteva passare inosservato. È stata mossa da notevoli ragioni, certamente ha pesato la promessa non mantenuta, che le avevano fatto sia il cavaliera azzurro Silvio Berlusconi sia il leghista Matteo Salvini, di scommettere su di lei come prossima candidata alla regione Lombardia.

“Per rispetto dei cittadini, con senso di responsabilità ed in considerazione del delicato momento socio-economico del Paese, ho atteso l’esito delle elezioni politiche e la formazione del nuovo Governo per rendere nota la mia posizione. Per questi motivi, e solo oggi, di fronte al venir meno del rapporto di fiducia con il presidente Attilio Fontana, annuncio la decisione di rimettere le deleghe di vicepresidente e di assessore al Welfare di Regione Lombardia”, ha dichiarato Moratti, che se ne è andata usando parole pesanti. Un vero guanto di sfida alla maggioranza di centrodestra che governa l’Italia, che tra i primi atti ha deciso il reintegro dei sanitari no vax e modificato le disposizioni per l’emergenza Covid.

L’attacco parla delle sue dimissioni come di “un forte segnale rispetto alle lentezze e alle difficoltà nell’azione di questa Amministrazione, che a mio avviso non risponde più all’interesse dei cittadini lombardi. Una scelta di chiarezza di cui mi faccio pienamente carico, anche in considerazione dei provvedimenti contraddittori assunti in materia di lotta alla pandemia. Da una parte prendo positivamente atto che la linea da me stabilita per i cittadini lombardi è stata quella di seguire il parere degli esperti della Cabina di Regia lombarda che ho attivato sull’obbligo delle mascherine in ospedali e Rsa. Dall’altra, registro con preoccupazione la scelta di anticipare il reintegro dei medici e degli altri professionisti della sanità non vaccinati, il condono sulle multe ai no vax e la diversa sensibilità sull’importanza dei vaccini. Si tratta di tre esempi, emblematici di una diversa impostazione politica in questo ambito”.

Dichiarazioni in cui gli avversari del centrodestra potrebbero vedere una possibilità ghiotta quanto inaspettata: “Trasformare Letizia Moratti in un argine contro la destra nazionalista”, come rimarca Cerasa, che ha dedicato all’argomento un lungo quanto interessante editoriale sul “Foglio”. Il j’accuse messo in campo da Moratti potrebbe sul serio diventare una sorta di manifesto per costruire un’alternativa valida ad una destra estremista, che comincia a far fatica a sopprimere i propri istinti illiberali.