E poi c’è Caracciolo che non sa più che mappe disegnare

A Otto e Mezzo Lucio Caracciolo si chiede cosa vuole Kiev, perché, a quanto pare, a due mesi circa dalla invasione russa di uno stato sovrano, è arrivato il momento di negoziare. Aveva un tono un poco stizzito, Caracciolo, come se mancasse qualcosa alla sua riconosciuta, pluriennale esperienza di geopolitica e strategia, come se ancora non si riuscisse a scrivere, né a disegnare del tutto, la mappa della futura Ucraina destinata al nuovo numero di Limes. Da qui l’urgenza di capire cosa vogliono gli ucraini, visto che, sempre secondo l’esperto, invece abbiamo capito cosa vuole Putin: prendersi il Donbas ucraino e se si riesce mangiucchiare a Kiev anche qualcosa nel sud e sul mare.

E però Caracciolo forse avrebbe potuto ricordare al telespettatore della Lilli che all’inizio i russi volevano tutto. Avevano pure mandato gli elicotteri con la truppa di elite per rovesciare Zelensky, farlo prigioniero o costringerlo a scappare, mentre i carri armati dovevano avanzare festanti a tenaglia tra ali di folla laudanti il liberatore. E invece la strada per Kiev è diventata il cimitero dei carri armati russi, Zelensky non solo è rimasto a casa sua ma in due settimane è entrato nei parlamenti di tutto l’Occidente vincendo pure la guerra della propaganda e quella digitale, e i russi, diciamo così, un poco stupefatti si sono ritirati.

Così al momento il malato di mente del Cremlino ha dato tutto l’esercito in mano al boia di Aleppo e Mosca pare scesa a più miti consigli, dopo migliaia di morti, centinaia di miliardi di danni alle infrastrutture e alla industria ucraina, i campi di filtraggio, le fosse comuni, gli stupri etnici e tutto il bel repertorio di cui, ne converrà anche Caracciolo, è fatta la guerra del malato di mente, e dunque inutile chiedersi se per caso gli ucraini sperano di riavere indietro qualcosa, la pace o la libertà. Siamo realisti caro Caracciolo, sappiamo come funziona con il Tso.

Proprio per questo potremmo azzardarci a suggerire una risposta. Su cosa chiede a questo punto il coraggioso e aggiungiamo pure guerriero popolo ucraino, pur sapendo che queste non sono certo categorie degne delle più affermate riviste di geopolitica e figuriamoci delle blasonate università italiane con i loro osservatori tanto quotati.

Armi. Ecco cosa chiedono gli ucraini. Armi, caro Caracciolo. E gli Usa continuano a stanziare altre centinaia di milioni di dollari a botta. Ecco perché c’è qualche difficoltà a immaginare nuove mappe. Perché abbiamo capito che Kiev non entrerà nella Nato, che intanto carica il grilletto, osserva e aspetta. Abbiamo capito che Kiev chiede di entrare in Europa anche se gli europei dicono che ci vuole tempo e bisogna rispettare le regole per adesione e avvicinamento. Ma se ci entrasse sarebbe un bel problema, sempre per chi fa i disegnini sulle mappe, venendo a mancare un classico della geostrategia ovvero gli staterelli cuscinetto.

Ci permettiamo allora, avendo visto l’ultima copertina di Commentary, di suggerire cosa potrebbe volere Kiev in attesa che Lavrov si sieda al tavolo delle trattative, la Nato cambi le sue regole e l’Europa dia una accelerata. Commentary titola “Zelensky eroe degli ebrei”. Ecco, l’Ucraina, fiera, guerriera, che non teme i terroristi nel Donbas come Gerusalemme non teme quelli nell’Hamastan, intanto che il resto del mondo si decide può diventare una nuova Israele tra Europa e Russia, con molte armi, consiglieri militari, ombre, con una ‘relazione speciale’ tra Kiev, Londra e Washington, e magari a quel punto cominciare a chiedere a Putin di sloggiare pure dal Donbas. Pensa tu che copertina di Limes sarebbe.