Il conflitto tra il governo e la magistratura torna a tenere banco, ma questa volta il motivo di contesa non è una nota anonima passata sotto il banco di Palazzo Chigi, bensì un attacco frontale della presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, contro la giudice di Catania, Iolanda Apostolico. La questione centrale ruota attorno al respingimento della convalida del trattenimento di tre migranti disposto dal questore di Ragusa. Tuttavia, l’attacco di Meloni sembra basarsi su una distorta interpretazione dei provvedimenti emanati dalla giudice.
Meloni ha espresso la sua indignazione riguardo alla sentenza del giudice di Catania su Facebook, sostenendo che la giudice avesse rilasciato un immigrato illegale in modo irragionevole, dichiarando unilateralmente la Tunisia come non sicura e criticando i provvedimenti di un governo democraticamente eletto. Tuttavia, un’analisi accurata dei provvedimenti della giudice dimostra che l’accusa di Meloni non corrisponde alla realtà.
La dichiarazione sui “cercatori d’oro” è effettivamente contenuta tra le premesse del provvedimento, ma non è stata presa in considerazione nelle motivazioni della giudice. Si tratta di una dichiarazione fatta dal migrante richiedente asilo durante un’udienza in tribunale, ma non ha influito sulla decisione della giudice.
Inoltre, l’accusa mossa da Meloni alla giudice di aver “dichiarato unilateralmente la Tunisia paese non sicuro (compito che non spetta alla magistratura)” è infondata. La giudice Apostolico non ha dichiarato la Tunisia non sicura, ma ha enfatizzato che, secondo la Costituzione e la normativa europea, un richiedente asilo non può essere automaticamente privato del diritto di richiedere protezione internazionale solo perché proviene da un paese considerato sicuro. In altre parole, anche i migranti provenienti da paesi “sicuri” hanno il diritto di chiedere asilo.
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Contrariamente a quanto sostenuto da Meloni, la giudice non si è “scagliata contro i provvedimenti di un governo democraticamente eletto”. Nel suo provvedimento, la magistrata ha semplicemente sottolineato il contrasto del decreto con la direttiva europea n. 33 del 2013, basandosi sull’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea.
La decisione chiave della giudice è stata quella di ritenere che “il provvedimento del questore non sia corredato da idonea motivazione”, il che ha portato alla non convalida del trattenimento del migrante. Questa è chiaramente una decisione di carattere giuridico che dovrebbe essere contestata nelle sedi giudiziarie appropriate, anziché condannata dalla premier e dagli esponenti del governo. È importante distinguere la critica politica dalla valutazione legale, e in questo caso, sembra che Meloni abbia mescolato le due.
Inoltre, è emerso che alcuni articoli hanno messo in dubbio l’imparzialità della giudice Apostolico basandosi su alcune sue pubblicazioni su Facebook degli anni precedenti. Tuttavia, la giudice ha respinto queste polemiche e ha ricevuto il sostegno dell’Associazione Nazionale Magistrati (ANM).
Questo episodio mette in luce un governo che sembra concentrarsi sempre più sulla ricerca di un nemico esterno, che sia la Germania, la Francia o la magistratura, su cui canalizzare l’ira dell’elettorato, anziché affrontare le difficoltà gestionali legate al fenomeno migratorio.