«La questione di come tratteremo le autocrazie definirà la nostra capacità di dare forma al nostrio futuro comune per molti anni a venire». Lo ha sottolineato Mario Draghi nel discorso pronunciato durante la serata di gala al Perrine Hotel di New York della ‘Appeal of Conscience Foundation’, organizzata dal rabbino Arthur Schneier, che ha conferito al nostro premier il ‘World Statesman Award’ 2022. «La soluzione sta in una combinazione di franchezza, coerenza e impegno. Dobbiamo essere chiari ed espliciti sui valori fondanti delle nostre società. Mi riferisco alla nostra fede nella democrazia e nello Stato di diritto, al nostro rispetto dei diritti umani, al nostro impegno per la solidarietà globale», ha proseguito il presidente del consiglio. Questi ideali «dovrebbero guidare la nostra politica estera in modo chiaro e prevedibile. Quando tracciamo una linea rossa, dobbiamo farla rispettare. Quando prendiamo un impegno, dobbiamo onorarlo. Le autocrazie prosperano sfruttando la nostra esitazione. Dovremmo evitare l’ambiguità, per non pentirsene in seguito. Infine, dobbiamo essere disposti a collaborare, purché ciò non significhi compromettere i nostri principi fondamentali».
«Resto ottimista, l’Occidente è unito», ma «solo l’Ucraina può decidere quale pace è accettabile», ha ribadito Mario Draghi ricevendo il premio “Statista dell’anno”, dalla Appeal of Conscience Foundation, nel primo dei quattro giorni che trascorrerà a New York, dove oggi parlerà all’assemblea generale delle Nazioni Unite. Il suo viaggio più lungo all’estero da che è premier. L’Occidente deve fare la sua parte, ma è vero che una pace è possibile solo con un cambio di rotta di Mosca: «Spero che decida di tornare allo spirito dell’Onu che sottoscrisse nel 1945», ha evidenziato l’economista, che ha poi aggiunto: «L’eroismo dell’Ucraina, del presidente Zelensky e del suo popolo è un monito potente che ci ricorda per cosa lottiamo e cosa possiamo perdere».
In sostanza, favorire multilateralismo è necessario: «L’importanza del dialogo, che celebriamo stasera, è stata al centro della mia vita professionale come economista e come decisore politico. Il valore di una partnership di successo tra organismi multilaterali e istituzioni locali è stata una delle principali lezioni che ho imparato lavorando alla Banca Mondiale negli anni ’80».
«Come mi è stato ricordato durante la mia recente visita a Yad Vashem, l’indifferenza è il peggior nemico dell’umanità. Parlare apertamente non è solo un obbligo morale, è un dovere civico. A coloro che chiedono silenzio, sottomissione e obbedienza dobbiamo opporre il potere delle parole e dei fatti. Oggi il mondo ha bisogno di coraggio, chiarezza, amore e speranza», ha detto Draghi. Poi l’elogio postumo all’ex premier del Giappone: «Vorrei rendere omaggio al compianto Shinzo Abe, che è salito su questo palco lo scorso anno e ha ricevuto questo premio. Abe credeva fermamente nel dovere del Giappone di contribuire alla stabilità globale. Ha agito con forza per rinvigorire l’economia giapponese, attraverso una combinazione di politica fiscale, politica monetaria e di riforme dal lato dell’offerta. La vita di Abe è stata tragicamente interrotta, ma la sua eredità sopravvive – tra la gente del Giappone e oltre».
Al gala della Appeal of Conscience Foundation dove è stato eseguito in apertura l’Inno di Mameli, Draghi è stato celebrato come leader mondiale: è stato definito “visionario” e “risolutore di problemi”. Parole di ammirazione che son arrivate dal 99enne Henry Kissinger. L’ex segretario di stato Usa ha detto fermo: «Ho grande rispetto per lui e per la sua grande visione e capacità di analisi», mentre era seduto al fianco del premier italiano visibilmente emozionato (e a tratti parecchio compiaciuto). Chissà cosa deve essere passato nella mente del nostro presidente del consiglio dimissionario mentre veniva spiegata la motivazione del prestigioso riconoscimento: il premio gli è stato dato per la «lunga leadership poliedrica nella finanza e nel pubblico servizio di cui hanno beneficiato l’Italia e l’Unione europea e che ha aiutato la cooperazione internazionale», come ha evidenziato il rabbino Arthur Schneier, presidente della fondazione.
Presente alla premiazione anche il segretario di stato vaticano Pietro Parolin. A fare avere un messaggio a Mario Draghi anche il presidente degli Stati Uniti Joe Biden, in Europa per aver partecipato ai funerali della regina Elisabetta: «Mi congratulo con il mio amico, il premier Mario Draghi che ha ricevuto il premio per il suo lavoro per fare avanzare i diritti umani nel mondo. Draghi è stato una voce potente nella promozione della tolleranza e della giustizia, lo ringrazio per la sua leadership». Alla cerimonia c’erano anche l’ambasciatrice d’Italia a Washington Mariangela Zappia, il Ceo di Bank of America, Brian Thomas Moynihan e il presidente e Ceo di Blackstone Group Stephen Allen Schwarzman, che ha ricordato come Draghi abbia «salvato l’Europa dal collasso e dato lustro al suo Paese nel mondo».