È la prima intervista da quando il 13 febbraio 2021 ha preso la guida di un governo d’emergenza su indicazione di Mattarella. Al «Corriere della Sera» il premier Mario Draghi ha cercato di fare un bilancio e di tracciare gli obiettivi dei prossimi mesi, fino al termine della legislatura. Il presidente del consiglio ha smentito le voci che lo vedono stufo di palazzo Chigi e dei capricci dei partiti: «Non sono stanco e non ho alcuna intenzione del genere. Ho però l’intenzione di governare, affrontare le emergenze secondo il mandato che il presidente della Repubblica mi ha dato lo scorso febbraio. Questo è decisivo. Non bisogna governare per il potere fine a sé stesso. Tra l’altro, chi lo fa perde potere. Bisogna governare per fare le cose che servono all’Italia».
È orgoglioso delle cose fatte, dei traguardi raggiunti: «Nel 2021 abbiamo realizzato tutti gli obiettivi previsti dal Pnrr . Pochi giorni fa sono arrivati i primi 21 miliardi, che si aggiungono ai quasi 25 che abbiamo ricevuto l’anno scorso. C’è stata una visita della Commissione europea sugli obiettivi di questo semestre e le sue conclusioni sono state positive. Ci sono alcune riforme che dobbiamo ancora realizzare: concorrenza, codice degli appalti, fisco e giustizia. Sul codice degli appalti, che è in commissione, mi pare che la strada sia spianata. Sarà poi il Consiglio di Stato a scrivere i decreti delegati in tempi molto rapidi — e anche questa è una buona notizia. Le altre riforme sono in Parlamento e sono ancora fiducioso che possano essere approvate tutte abbastanza rapidamente. Sulla giustizia c’è la promessa di non mettere la fiducia e vale ancora. Sulla concorrenza restano pochi nodi. Sul fisco, l’atmosfera con il centrodestra, nell’incontro che abbiamo avuto, mi è sembrata positiva. Il centrodestra voleva confermare il sostegno al governo e da parte del governo si voleva ribadire che c’è qualche margine di trattativa, anche se gli elementi caratterizzanti della riforma restano. Ovviamente qualsiasi modifica dovrà andare bene anche al centrosinistra».
Nelle prossime settimane il Parlamento voterà la legge delega sul fisco e quella sulla giustizia. Draghi è sicuro che la maggioranza reggerà: «Sì, come ha dimostrato al Senato la scorsa settimana il voto sulla riforma della giustizia. Sono riforme necessarie e di buon senso. Le norme sulla concorrenza sono parte degli impegni presi con il Pnrr. Hanno lo scopo di rendere più semplice la vita dei cittadini e di abbassare i prezzi, per esempio di alcuni medicinali. La delega fiscale è uno strumento di lotta all’evasione e alle diseguaglianze e non aumenta le tasse — anzi, il contrario». Non sa l’ex numero uno della Bce dove sarà dopo quest’esperienza al governo, non «lo immagina», non è «nel suo carattere». Fondare un partito suo? Essere eletto? «No. È estraneo alla mia formazione e alla mia esperienza. Ho molto rispetto per chi si impegna in politica e spero che molti giovani scelgano di farlo alle prossime elezioni, alle quali intendo tuttavia partecipare come ho sempre fatto: da semplice elettore», ha dichiarato fermo Mario Draghi.
Il premier ha parlato delle due grandi emergenze che l’Italia sta affrontando: la guerra in Ucraina e la pandemia, con tutte le conseguenze che ne derivano. A proposito della telefonata con Putin ha dichiarato «Gli ho detto che lo chiamavo per parlare di pace. Gli ho chiesto: “Quando vi vedete con Zelensky? Solo voi due potete sciogliere i nodi”. Mi ha risposto: “I tempi non sono maturi”. Ho insistito: “Decidete un cessate il fuoco”. Ancora “No: i tempi non sono maturi”. Dopo di che mi ha spiegato tutto sul pagamento del gas in rubli, che allora non era ancora stato introdotto. Ci siamo salutati con l’impegno di risentirci entro pochi giorni. Poi è arrivato l’orrore di Bucha. Comincio a pensare che abbiano ragione coloro che dicono: è inutile che gli parliate, si perde solo tempo. Io ho sempre difeso Macron e continuo a sostenere che come presidente di turno della Ue faccia bene a tentare ogni possibile strada di dialogo. Ma ho l’impressione che l’orrore della guerra con le sue carneficine, con quello che hanno fatto ai bambini e alle donne, sia completamente indipendente dalle parole e dalle telefonate che si fanno», ha svelato Draghi. «La decisione di inviare le armi è stata presa quasi all’unanimità in Parlamento. I termini della questione sono chiari: da una parte c’è un popolo che è stato aggredito, dall’altra parte c’è un esercito aggressore. Qual è il modo migliore per aiutare il popolo aggredito? Le sanzioni sono essenziali per indebolire l’aggressore, ma non riescono a fermare le truppe nel breve periodo. Per farlo, bisogna aiutare direttamente gli ucraini, ed è quello che stiamo facendo. Non farlo equivarrebbe a dire loro: arrendetevi, accettate schiavitù e sottomissione — un messaggio contrario ai nostri valori europei di solidarietà. Invece vogliamo permettere agli ucraini di difendersi. Il tema delle armi è serio e non lo sottovaluto: coinvolge scelte etiche personali. La decisione non può dunque essere presa con leggerezza, ma i termini sono quelli che ho appena descritto», ha proseguito.
Non dobbiamo temere per l’inverno: «Abbiamo gas negli stoccaggi e avremo nuovo gas da altri fornitori. Se anche dovessero essere prese misure di contenimento, queste sarebbero miti. Stiamo parlando di una riduzione di 1-2 gradi delle temperature del riscaldamento e di variazioni analoghe per i condizionatori». Draghi ha poi precisato: «Non vogliamo più dipendere dal gas russo, perché la dipendenza economica non deve diventare sudditanza politica. Per farlo, bisogna diversificare le fonti di energia e trovare nuovi fornitori. Sono appena stato in Algeria dove l’Eni ha stretto un accordo per la fornitura di 9 miliardi di metri cubi di gas naturale in più — circa un terzo di quanti ne importiamo dalla Russia. Seguiranno altri Paesi. La diversificazione è possibile e attuabile in tempi relativamente brevi, più brevi di quanto immaginassimo solo un mese fa». E ancora: «Il nostro obiettivo economico è preservare la crescita e l’occupazione. Non siamo in recessione, ma c’è un rallentamento nei primi due trimestri di quest’anno. Molto dipenderà dall’andamento della guerra, ma proprio per questo la determinazione del governo è massima».
Sul fronte Covid il premier Draghi ha detto: «Le morti e le ospedalizzazioni si sono ridotte moltissimo, perché si è ridotta l’intensità dei sintomi. Allo stesso tempo, abbiamo riaperto le scuole, l’economia è ripartita, siamo tornati alla nostra socialità. Con questo virus è molto difficile fare previsioni, ma possiamo affermare con certezza che la campagna di vaccinazione è stata un grande successo: secondo un recente studio dell’Istituto superiore di sanità la campagna vaccinale, dal suo inizio a gennaio 2022, ha evitato circa 150 mila decessi — un numero enorme. Grazie all’impegno del personale medico, della Protezione civile, dell’Esercito, di tutti i cittadini siamo passati da essere uno dei Paesi più colpiti a un esempio virtuoso di ripresa. Inoltre, se ci dovesse essere un nuovo peggioramento, siamo molto più preparati che in passato — una preparazione che è culturale e sociale, oltre che degli ospedali e delle istituzioni. Le strutture che abbiamo creato durante l’emergenza rimangono in piedi e continueremo a investire nella sanità proprio per essere pronti a qualsiasi evenienza». Siamo forse davvero sulla via d’uscita.