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Dopo Draghi ancora Draghi, non è una boutade: agli Italiani non dispiace

Per alcuni la scissione del M5s non ha affatto indebolito il governo Draghi, e lo proverebbe il voto largo, quasi unanime, che il Parlamento ha dato all’esecutivo prima del Consiglio Europeo a Bruxelles; per altri invece lo strappo c’è stato e avrà delle ricadute (magari non immediate).

Per molti non mancheranno nelle prossime settimane degli scossoni, che si faranno via via più forti con l’approssimarsi delle votazioni. La verità è che con l’attuale legge elettorale è possibilissimo che dalle urne della primavera del 2023 non esca un chiaro vincitore e l’ipotesi di un “Draghi dopo Draghi” non è così remota. Come scrive Roberto Arditti sull’«HuffPost» è un’eventualità questa che agli Italiani non dispiace: “Non stupisce il forte consenso tra gli elettori del Pd né quello in Forza Italia: siamo nell’ordine delle cose. È invece molto interessante notare come quasi un elettore su due di Fratelli d’Italia ha fiducia nel premier ma soprattutto che questa quota sia assai superiore a quella presente nei 5S e nella Lega”. Il Sondaggio SWG mostra chiaramente che la fiducia in Draghi è sopra il 50%, il 61% del PD vorrebbe Draghi premier anche nel 2023. Intendiamoci il 42% degli intervistati pensa che debba essere nominato il leader politico dello schieramento vincente, ma c’è una buona fetta (il 36%) degli Italiani che vorrebbe Draghi ancora presidente del consiglio (con lo schieramento vincente o con una grande coalizione come adesso). Nello specifico questa percentuale sale al 61% nel PD, al 55% in FI.

Analizzando con rigore la situazione stupiscono una serie di dati. Scomponendo infatti la fiducia in Draghi notiamo come quasi un elettore su due di Fratelli d’Italia nutra fiducia in Draghi. Abbiamo il 31% del M5S, il 26% di FdI e il 24% della Lega. Perché? Probabilmente perché l’atteggiamento di Matteo Salvini e Giuseppe Conte che fanno parte della maggioranza, ma che continuamente cercano di piantare bandierine, creando dei distinguo, alla lunga sta stancando gli elettori. Ed è verosimile che gli animi si scaldino nei prossimi mesi con la crescita dell’inflazione, il protrarsi della guerra in Ucraina, il Covid che potrebbe rialzare la testa, le tensioni sociali e altre questioni importanti ma scivolate in secondo piano, come la riforma delle pensioni. Tutte problematiche con cui dovrà fare i conti Mario Draghi, che pare continui a prestare poca attenzione ai sondaggi. Ricordiamo che non è un politico, ma un tecnico; un uomo che negli anni ha fatto del pragmatismo quasi una forma di snobismo. Per l’ex banchiere centrale conta quel che si fa e si parla quando si ha qualcosa da dire. Il silenzio ha l’oro in bocca: la regola del low profile non l’ha mai tradito negli anni. Perché dunque abbandonarla? Solo perché fa tendenza?

In questi mesi di governo Draghi ha preservato lo status di presidente super partes: un terzo degli italiani non lo colloca in nessuno schieramento, mentre per il 18% è di sinistra o centro sinistra, per il 25% è di centro e per il 24% è di destra e centrodestra. Sempre secondo il sondaggio SWG agli italiani dell’ex numero uno della Bce piace soprattutto la credibilità, la professionalità e l’affidabilità. Di Mario Draghi non piace invece la freddezza, e vi è un 24% che lo giudica un calcolatore e un 17% addirittura è dell’avviso che sia un furbo. Quasi metà degli intervistati – parliamo del 49% – gli attribuisce una comunicazione chiara, mentre il 35% pensa che il suo modo di parlare sia pieno di tecnicismi. Per la maggioranza, il 55%, la frequenza delle sue apparizioni pubbliche è adeguata. Per il 27% Draghi invece dovrebbe concedersi di più, si fa vedere troppo poco (certo, se paragonato alle tante dirette del predecessore).

Cosa pensa il premier delle elezioni del 2023? Beh, a chi gli ha chiesto se avesse voglia di calarsi nei panni di federatore del centro, con un tono perentorio che non ammette repliche, Draghi ha risposto con un lapidario «lo escludo». Ricordate quella conferenza stampa, no? «Tanti mi candidano a tanti posti in giro per il mondo. Ma se per caso decidessi di lavorare dopo questa esperienza un lavoro me lo trovo anche da solo», aveva detto col solito aplomb. Chissà che non avvenga qualcosa che gli faccia cambiare idea. D’altronde una delle massime più gradite all’ex governatore di Bankitalia (attribuita a John Maynard Keynes) dice così: «Quando i fatti cambiano, io cambio opinione. Lei cosa fa?». Ha mutato parere Di Maio… Difficile però credere che Draghi scenda in campo e si sottoponga al voto popolare: di certo non vuole fare la fine di Mario Monti.