Destra e sinistra ormai esistono solo attraverso il populismo

Calenda afferma che destra e sinistra esistono nel Paese. Negarlo sarebbe qualunquista e superficiale. Infatti, nessuno lo nega; basta sapere dove cercare questa roba arcaica. Va cercata nel campo populista sovranista con pressoché una visione univoca e trasversale delle cose. La visione populista vuole uno Stato che crea posti, ma non crea lavoro. La Pubblica Amministrazione non è concepita per produrre un bene o un servizio, bensì per produrre posti nei quali infilare gli italiani per tutta la loro vita, garantendo loro un vitalizio a prescindere da quanto o come lavorino. Questo non genera crescita economica, perché non aumenta la ricchezza del Paese; anzi, la assorbe, distruggendone una parte enorme che sarebbe stato più proficuo destinare a investimenti e consumi. La ricchezza è prodotta soltanto dal mercato, cioè da quella complicatissima rete di interazioni tra individui in cui alcuni chiedono beni e altri sono ben felici di produrglieli. La differenza è tutta qui: il posto è un privilegio, il lavoro è un servizio verso il consumatore.

Affermare che gli elettori di sinistra vogliono servizi pubblici di qualità è pura retorica: chi non li vorrebbe, mentre lo statalismo burocratico assistenziale è il filo conduttore populista che trasversalmente lega ciò che rimane delle declinazioni di destra e sinistra ereditate dal 900. Così come dall’altro lato, la giustizia ormai ha dimenticato la separazione dei poteri, che sono alla base dello stato di diritto e che lo hanno mantenuto in equilibrio per alcuni secoli; è diventata un vago ricordo. Il golpe giudiziario dei primi anni ’90 ha portato alla conseguente alterazione strutturale dei rapporti tra i poteri, all’uso permanente della giustizia non per amministrare la giustizia, ma per brandirla, piegarla alle proprie convinzioni e ai propri privilegi corporativi e di casta, che il populismo difende, invocando continuamente più poteri alla magistratura, rendendo tutto questo strutturale nel programma politico che sta alla base della visione di società che il populismo di destra e sinistra propone.

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Sorvoliamo sulla retorica delle tasse e sulla lotta all’evasione fiscale, tanto cara alla sinistra. Tutti vorrebbero la riduzione della pressione fiscale, ma il mantenimento del sistema statalistico burocratico assistenziale costa, come dimostra l’enorme debito pubblico accumulato. Costa, ma crea consenso corporativo ed è indispensabile per il galleggiamento del sistema partitico.

Volere meno stato, meno tasse, più sicurezza, una magistratura che renda conto del proprio operato, una transizione green non tanto più prudente ma pragmatica e gradualista, che tenga conto dell’economia reale, una politica migratoria razionale concordata con l’UE e non più le solite inutili dichiarazioni fatte di “accogliamoli tutti” oppure l’opposto, significa essere coerentemente liberali e, se vogliamo, di Buona Destra, ma altrettanto coerentemente inconciliabili con la visione socialdemocratica che si vuole inglobare in qualche modo dentro il mitico patto repubblicano.