Il caso di Frederick Akwasi Adofo, un migrante senza casa soprannominato “il clochard gentile”, ha scosso Napoli e il mondo. Dopo aver sopravvissuto a un pericoloso viaggio attraverso il Mediterraneo, Frederick aveva trovato un rifugio di sorta nella città partenopea, costruendo legami con i cittadini e la comunità locale. Questo equilibrio precario, tuttavia, è stato brutalmente interrotto quando Frederick è stato assassinato da due adolescenti.
In questa tragedia, il richiamo all’umanità di Emmanuel Levinas risuona con una risonanza particolare. Il volto di Frederick, così distante dal nostro mondo di comfort e sicurezza, rappresenta un invito etico, un imperativo morale che ci chiama a rispondere, a prendere posizione.
Le ombre della violenza e dell’indifferenza, che René Girard esplorò nella sua teoria del capro espiatorio, si delineano in questa tragedia. Girard ci mostra come la società può scegliere vittime sacrificali per placare i suoi conflitti interni, ma tale processo non porta a una vera risoluzione. Questa è una dinamica che si è manifestata in modo brutale nella morte di Frederick, ma è una dinamica che può essere riconosciuta e respinta.
In questa società fluida descritta da Zygmunt Bauman, Frederick ha trovato accoglienza e ostilità. La vita di Frederick era caratterizzata da questa modernità liquida, da questo mondo in cui i legami sociali sembrano dissolversi così rapidamente. Tuttavia, anche in questo mondo effimero, emergono opportunità di solidarietà e connessione.
La dignità intrinseca di ogni individuo, un concetto che Immanuel Kant ha esplorato in profondità, risuona potente nel contesto della vita e della morte di Frederick. L’idea che l’umanità debba sempre essere trattata come un fine in sé e non come un mezzo per raggiungere altri scopi ci spinge a riaffermare il valore di ogni vita, a riconoscere la sacralità di ogni individuo.
La tragedia di Frederick ci interpella con l’ammonimento di Theodor Adorno, che vivere in condizioni ingiuste non può mai essere giusto. Questo richiamo non è solo una critica alle ingiustizie del mondo, ma anche un invito all’azione, un richiamo a creare un mondo più giusto.
Nonostante la profonda tristezza che la morte di Frederick ci suscita, essa non rappresenta la morte dell’umanità o della civiltà, ma piuttosto una sfida. L’umanità e la civiltà non sono statiche, ma devono essere costantemente riaffermate, riforgiate, difese. La strada verso un mondo più giusto e umano è piena di ostacoli, ma è in questo sforzo, in questa lotta, che risiede la vera essenza dell’umanità e della civiltà. E in questa lotta, esiste una speranza: non la certezza di un successo immediato, ma la promessa di un futuro possibile, un futuro per il quale vale la pena di lottare. E in questo sforzo, nonostante il dolore e l’incertezza, si può intravedere una promessa: la promessa di un futuro possibile, un futuro dove l’umanità e la civiltà non sono viste come concetti astratti, ma come valori concreti, incarnati in ogni volto, in ogni storia, in ogni vita. Un futuro dove la storia di Frederick non sarà solo un monito, ma un catalizzatore per il cambiamento e per la riaffermazione del valore di ogni singola vita umana.