Crisi energetica, l’Italia dei NO farà una brutta fine

L’Italia dei NO che per decenni ha impedito qualsiasi strategia fondata sul mix energetico adesso rischia di fare una fine tragica. L’ha detto anche Draghi: “La Germania usa il carbone il gas. L’Italia non ha né carbone né nucleare: ha solo il gas e quindi è chiaro che è più esposta” alle crisi internazionali come quella Ucraina.

Importiamo dalla Russia fino a 30 miliardi di metri cubi di gas all’anno, importiamo fino al 76 per cento dell’energia che consumiamo e adesso dovremmo ridurre d’emblée la dipendenza dal gas estero (il 90 per cento del nostro fabbisogno) aumentando la quota di stoccaggio e la produzione nazionale.

Peraltro con poche centrali elettriche a metano di ultima generazione, quelle più efficienti. Così il deficit energetico continua ad essere colmato acquistando energia elettrica dalla Francia, che ne ha in abbondanza grazie al nucleare. Sulle rinnovabili, poi, non si è investito bene e abbastanza. In queste condizioni, sarà davvero complicato sostenere la transizione ecologica.

Il nostro Paese non può più permettersi di restare ostaggio dei comitati locali che in nome di una malintesa idea di ambientalismo dicono no a tutto. Non solo alle trivelle, ai gasdotti, ma persino alle energie pulite: ai campi di pannelli solari, alle pale eoliche. Per loro l’energia è qualcosa che non serve. Tanto che per sfuggire ai ‘Nimby’ gli investitori chiedono di andare off-shore, nonostante sia assai più costoso installare pale eoliche in mezzo al mare rispetto alle colline di cui è ricca l’Italia.

Le tragedie però non nascono dall’oggi al domani. La politica in cerca di consenso immediato si è fatta imprigionare da anni dal presunto ‘popolo’ dei No, di solito minoranze rumorose brave soprattutto a conquistarsi qualche titolo sui giornali. Il risultato fallimentare è sotto gli occhi di tutti: senza gasdotti, senza centrali elettriche a metano, senza nucleare, con fonti rinnovabili insufficienti restiamo esposti più di altri alle crisi internazionali.