“All’ordine del giorno comunicazioni del presidente”. Recitava così il freddo bollettino di Palazzo Chigi. Ennesimo algido segnale che la pazienza di Mario Draghi è finita, che il vaso è colmo. Alle cinque della serata di ieri, giovedì 19 maggio, il capo del governo ha convocato a sorpresa il Consiglio dei ministri, seminando il panico tra i partiti. Una riunione lampo – son bastati dieci minuti all’ex numero uno della Bce – per far sapere alle forze che sostengono la sua maggioranza che sul ddl Concorrenza si va avanti anche senza l’intesa di tutti. Da qui l’autorizzazione a porre la fiducia entro il 31 maggio, se necessario. Se non si arriverà ad un accordo, essa verrà messa sul testo base, altrimenti su quello modificato. Proprio perché va superata la fase di stallo.
Draghi non si è “impantanato”, come qualcuno sostiene. Anzi, si è mostrato più che mai determinato. L’economista è pronto a mettere la fiducia per arrivare all’approvazione del testo entro la fine di maggio. «Il mancato rispetto di questa tempistica metterebbe a rischio, insostenibilmente, il raggiungimento di un obiettivo fondamentale del Pnrr, punto principale del programma di governo», ha detto il premier ai suoi ministri con il solito aplomb. Non si può rischiare di perdere i 200 miliardi del Pnrr per i capricci dei partiti. Proprio perché dai fondi del Recovery dipende il futuro del nostro Paese, delle nuove generazioni. E Mario Draghi non intende intestarsi il fallimento del rilancio dell’economia italiana, i mancati finanziamenti; non vuole perdere la faccia in Europa, giocarsi la credibilità faticosamente acquistata negli ambienti che contano. Le ripicche e i rimpiattini dei partiti l’hanno stufato: «Così non si va avanti», ha sbottato in Cdm, come riferisce in un caldo retroscena «Il Corriere della Sera».
Stavolta non quello di Giuseppe Conte, ma l’atteggiamento di Matteo Salvini ha indispettito il premier. Il leader del Carroccio lunedì scorso al termine del faccia a faccia con il presidente del consiglio, aveva detto «troveremo un accordo» sulle concessioni balneari. Invece il provvedimento è ancora bloccato nella commissione Industria del Senato: i capigruppo di Lega e Forza Italia, Massimiliano Romeo e Anna Maria Bernini, hanno chiesto ulteriori approfondimenti sul tema per arrivare a un testo condivisibile e quindi condiviso. Ma il tempo incalza, non è il momento di cincischiare e pensare di piantare qualche bandierina. Dobbiamo tornare a respirare quel senso di rinascita provato nel 2021, quando avevamo il vento a favore, prima che scoppiasse la guerra in Ucraina e che qualche leader cominciasse a fremere, sgomitare, in vista delle elezioni. Fibrillazioni che nocciono a tutti, rallentano la corsa dell’Italia.
Per quanto ancora la pochezza dei partiti, sempre pronti a litigare per accaparrarsi qualche like e complimento sui social o un posticino in alto nei sondaggi, sarà protetta dal carisma di Mario Draghi, non è dato saperlo. L’irresponsabilità dei leader potrebbe però sul serio portare ad una crisi di governo, che è quanto di più controindicato per il Paese in questo momento.