«Draghi? Attaccato dai populisti? Avanguardia pura». Avrebbe esclamato Meryl Streep, alias Miranda Priesley ne «Il Diavolo Veste Prada». Leggere di Conte che punta il dito contro il presidente del consiglio, dandogli dell’invadente, fa un po’ sorridere. E lasciatemi dire: è anche un tantino banale. Sembra sul serio l’ennesimo tentativo del leader del M5s di salvare sé stesso, attaccando Draghi. Troppa fatica costerebbe infatti fare un sincero j’accuse e accettare di aver sbagliato; mettersi a nudo davanti allo specchio. Ah, giusto, quale specchio. Visto che la creatura di Beppe Grillo è andata in frantumi e peraltro si tratta di vetri che non tagliano neppure più, come ha ormai capito l’ex numero uno della Bce, che alle parole dell’avvocato di Volturara Appula ha risposto. Perché scriviamolo: l’economista non teme affatto Conte, non ritiene il M5s una mina alla stabilità necessaria al Paese per arrivare alla fine della legislatura. Ma andiamo con ordine sennò si rischia di perdere qualche “pezzetto” per strada.
Il sociologo Domenico De Masi in un’intervista al «Fatto Quotidiano» ha rivelato che il premier Mario Draghi avrebbe richiesto a Beppe Grillo di rimuovere dal Movimento Giuseppe Conte. «Sono solo storielle», ha commentato il fondatore del Movimento. Ma il leader pentastellato non ha mandato giù il boccone: «Vorrei precisare che Grillo mi aveva riferito di queste telefonate tra lui e il presidente del Consiglio. Vorrei chiarire che siamo una comunità, lavoriamo insieme. Lo trovo sinceramente grave che un premier tecnico che ha avuto da noi l’investitura, si intrometta nella vita di forze politiche che tra l’altro lo sostengono». Con fare risentito Conte ha poi aggiunto: «Mi attaccano quotidianamente per distruggere il Movimento. Il nostro atteggiamento, che ho sempre definito leale, costruttivo, corretto nei confronti del governo, non cambia neppure di fronte a episodi che reputo così gravi. Perché il nostro obiettivo non è sostenere Draghi, il nostro obiettivo è sostenere e tutelare gli interessi degli italiani». Ed è arrivata a stretto giro la replica del presidente del consiglio, che ha partecipato al vertice della Nato a Madrid. Con il solito atteggiamento serafico Draghi ha voluto smorzare le polemiche: «Ci siamo parlati con Conte poco fa, abbiamo cominciato a chiarirci, ci risentiamo domani per vederci al più presto. Il governo non rischia».
Parole che ovviamente non hanno convinto tutti. Alessandro Di Battista ha colto la palla al balzo: «Al di là dello spettacolo penoso che sta offrendo il Movimento 5 Stelle se davvero Draghi avesse chiesto a Grillo la testa di Conte, beh sarebbe indecente. E questo al là di quel che si possa pensare di Conte. Sarebbe ugualmente indecente se avesse chiesto la rimozione di Bersani o di Salvini». Il Dibba soffiando sul fuoco ha detto pure: «Come può un Premier che non ha mai preso un voto in vita sua chiedere la rimozione del presidente di una delle forze politiche che, tra l’altro, ha deciso (decisione folle della quale dovrebbero scusarsi al più presto) di sostenerlo? Come si permette? È una roba inquietante. Se davvero Draghi avesse chiesto a Grillo di ‘rimuovere Conte perché inadeguato’ lui dovrebbe dimettersi all’istante. Il problema è che molti di quelli che dovrebbero chiederne le dimissioni gli giurano ancora amore eterno».
Per l’attivista romano ovviamente Draghi continua ad essere un nemico della democrazia. Ma c’è poco da stupirsi, visto il giudizio sul premier che Di Battista aveva dato in una nota trasmissione Rai: «Draghi per me non capisce nulla di politica. Tra l’altro, poco anche di economia». Di che discutiamo, dunque? L’impressione da fuori è una sola: che Conte voglia scaricare su Draghi responsabilità sue e problemi interni ad un movimento sprofondato (i tempi del boom del 2018 con il 32% dei consensi sono lontani), che sta morendo giorno per giorno per mancanza di leadership, ma anche (e soprattutto) perché il vaffa non tira più. La vera trasgressione oggi è essere competenti, credibili. E gli Italiani hanno cominciato a capirlo, come dimostrano i recenti sondaggi in cui appare lampante la fiducia degli elettori nei confronti del presidente del consiglio.