Secondo alcuni ha detto ‘Che mer*a!’, secondo altri ‘Che meriti!’. Per altri ancora la neo premier avrebbe fatto ricorso alla parolaccia usata anche da Dante nella “Divina Commedia”, ma al plurale. E mentre il dibattito infiamma – Giorgia Meloni sul serio si è rivolta così a Giuseppe Conte, reo di averle ricordato l’astensione in Europa di Fratelli d’Italia sul Next Generetion Eu? – il leader del M5s ha rilasciato un’intervista a «La Stampa», in cui ha dimostrato ancora una volta di sentirsi pienamente a suo agio nei panni di avvocato del popolo: «Se davvero l’avesse detto non sarebbe una frase accettabile da un presidente del consiglio. Per altro io stavo dicendo la verità».
Il discorso per la fiducia non gli è piaciuto. Conte salverebbe solo un passaggio, quello in cui Meloni «prende le distanze dal regime fascista e condanna le leggi razziali. Passaggio per altro dovuto per chi giura su una Costituzione che si fonda sull’antifascismo». Nell’intervista a “La Stampa” però emerge anche un altro aspetto: Giuseppe Conte appartiene a quella frangia della sinistra italiana ed europea, che si è dimostrata parecchio tollerante (per usare un eufemismo) con le scelte scellerate dello zar Vladimir Putin, che sulla “carta” è il Golia della situazione. Il leader pentastellato chiede oggi una frettolosa “pace” tra Kyjiv e Mosca, facendo intuire l’incapacità sua di distinguere ‘aggressore’ e ‘aggredito’. Non si possono mettere Ucraini (vittime) e Russi (invasori) sullo stesso piano. Ancora non è chiaro dopo quasi un anno di guerra?
Conte ha ribadito che nel suo discorso alla Camera la premier non ha mai nominato la parola pace, ha detto che «in un’ora e dieci di intervento è stata capace di evitare accuratamente la prospettiva di un negoziato che porti alla fine del conflitto». Ovvio che anche Meloni voglia la pace. L’ex premier non la pensa così: «Credo, senza girarci attorno, che il suo discorso confermi la vocazione guerrafondaia di Fratelli d’Italia. Un partito che abbraccia convintamente e irresponsabilmente la prospettiva di una escalation militare». E ancora: «Fratelli d’Italia aggiunge una volontà di esibire i muscoli che alimenta le tensioni internazionali anziché prevenirle».
Poi lo stesso Conte ha rimarcato di non esagerare: «L’idea di un nuovo blocco navale nel mediterraneo per fermare i migranti lo conferma». Ma non era stato lui a firmare i cosiddetti decreti sicurezza? Alla domanda “Meloni è più atlantista dei Cinque Stelle?”, il leader dei pentastellati ha replicato così: «Lo può dire soltanto chi confonde l’adesione alla Nato con una strategia contingente decisa in tutta fretta per questo conflitto». Ci rendiamo conto? Sul finale anche la battuta sul leader di Azione Carlo Calenda, che dimostra quanto le posizioni dei due siano distanti sul conflitto in Ucraina: «Marcia della pace? Mi sembra che lui preferisca la marcia della guerra». Così facendo non capisce Giuseppe Conte che non solo non rende giustizia alle vittime di Bucha e delle altre città straziate da Putin, ma incoraggia in futuro il tiranno di turno a risolvere con la forza le proprie contese territoriali. Sta facendo un favore al presidente russo.