“Onestà intellettuale” è un’espressione tristemente abusata nella nostra società, proprio perché molte volte usata in modo improprio. Richiamata talmente tanto spesso dagli interlocutori da non sapere più di niente. Eppure bisognerebbe accostarsi ad essa con più rispetto: è l’arma più formidabile della conoscenza, la capacità di non distorcere le parole dell’altro per sostenere la propria tesi, per affermare la propria forza; lasciare a chi ci sta di fronte la possibilità di correggersi, rimarcando grossolani errori e comportamenti discutibili; vuol dire non gonfiare le proprie idee portando come motivazione l’atteggiamento sbagliato dell’altro. L’onestà intellettuale quando ce l’hai davanti ed è sincera la riconosci, proprio perché procura un immediato profondo senso di benessere. In altri termini rende orgogliosi. Mai forse ci si sarebbe aspettati di ritrovarsi ad applaudire il direttore di «Libero» durante la trasmissione di Massimo Giletti su La7. L’intervento di Alessandro Sallusti in diretta non vale solo l’intera puntata, ma tutta la stagione. Perché il giornalista con quei toni aspri che si addicono a certi contesti – che, come diceva Gianfranco Funari, “se uno è stro*zo… non gli puoi dì stupidino” – ha detto quello che tutti avremmo voluto urlare dopo il comizio di Maria Zakharova, la portavoce del ministro degli Esteri russo Lavrov.
Il direttore di «Libero» ha preso la parola criticando duramente quello che andato in onda e ha abbandonato la trasmissione, rinunciando al compenso pattuito. «Quando ho saputo che andavi a Mosca ero molto orgoglioso del fatto di conoscerti, immaginavo che avresti parlato al popolo russo o con Putin o avresti fatto qualcosa di utile, qualcosa per cui tutti noi saremmo andati fieri della nostra libertà di informazione», le premesse di Sallusti. «E invece mi ritrovo un asservimento totale alla peggiore propaganda che ci possa essere, tra l’altro utilizzando anche gli utili idioti, che non mancano mai, (…) che hanno usato la forza evocativa del Cremlino e del suo fascino», ha attaccato poi il direttore. «Ma in quel palazzo alle tue spalle, e faresti bene a ricordarlo a chi ti sta di fianco sono stati organizzati, decisi e messi in pratica i peggiori crimini contro l’umanità del secolo scorso e di questo secolo. Quello è un palazzo di m***, tu dovresti avere il coraggio di dire ai tuoi interlocutori che quel palazzo che hai alle spalle è un palazzo di m*** perché lì il comunismo ha fatto le più grandi tragedie del secolo scorso e di questo secolo», l’affondo.
«A me fa tristezza vedere un giornalista che stimo venire chiamato bambino e incompetente da una cretina che non sa nemmeno di che cosa sta parlando», ha aggiunto Sallusti in riferimento ad alcune espressioni usate da Zacharova all’indirizzo di Giletti. «Noi la libertà ce l’abbiamo e sappiamo che cos’è e la difendiamo. Io di fare la foglia di fico a quegli altri due co***ni che hai di fianco non ci sto e per cui mi alzo e rinuncio al compenso pattuito: a questa sceneggiata io non voglio più partecipare», le conclusioni dell’ex direttore de «Il Giornale». Esasperato Sallusti, come noi, dall’ennesimo inutile comizio, che nelle modalità ricordava l’ospitata del ministro russo Lavrov a «Zona bianca», criticata con forza anche dal nostro presidente del consiglio. Alcuni raccontano addirittura che Draghi stesso, ad aprile, nei giorni in cui il Covid lo aveva relegato nella sua tenuta a Città della Pieve, passando da un canale all’altro se ne stesse con i capelli ritti. Disgustato, come svela «Il Foglio», per l’informazione fatta «con poca intelligenza». Beh, deve essere saltato sulla sedia l’economista dopo aver ascoltato Sallusti. Che le dittature son tutte uguali.
Senza quella roboante retorica a cui ci siamo tristemente abituati lo possiamo dire: il direttore di «Libero» è stato da applausi scroscianti, perché il suo è il solo approccio possibile con certe figure che non sanno cos’è la libertà d’espressione, quanto piena di valori sia la parola «democrazia». La propaganda russa è abituata al vuoto, la menzogna però, come recita un vecchio adagio, è un albero che produce fiori, ma non dà frutti. La serata in diretta da Mosca che Giletti aveva progettato nei minimi particolari a vantaggio dello share e dei dati Auditel – ennesima dimostrazione di come sia diventato difficile da noi assistere ad un costruttivo dibattito – è stata guastata da qualcosa che non si poteva prevedere, quell’onestà intellettuale di cui sopra che Sallusti ha dimostrato di avere. L’ospite ha tirato fuori quella dignità che ogni persona sana di mente, che segue l’attacco russo all’Ucraina dal primo giorno, dovrebbe possedere. È stata la chiara e ferma risposta ad un giornalismo assoggettato al dittatore di turno. Putin non ha scuse, proprio non ne ha. Per questo la sortita di Sallusti è da standing ovation.