Chiara Colosimo: L’anti-Borsellino?

Quale sia stato il motivo che ha portato Chiara Colosimo, maturità classica e nessuna laurea, alla presidenza della Commissione antimafia ad oggi, non ci è chiaro. Infatti, pur non iscrivendoci alle tante voci che hanno sollevato polemiche sulla sua elezione in relazione a presunte amicizie con la destra neo-fascista per via di una foto che la ritraeva in compagnia dell’ex Nar Luigi Ciavardini, al netto di ciò abbiamo sempre ritenuto che Colosimo non avesse alcuna competenza o conoscenza in materia. Le sconcertanti dichiarazioni di questi giorni ne sono la drammatica conferma.

“Segnalare agli elettori i candidati impresentabili, indagati o condannati, è ‘antimafia da avanspettacolo'”, così ieri ha detto la presidente della commissione anti-mafia, per poi aggiungere: “le liste di proscrizione non mi piacciono e non servono: io credo che sia compito di questa Commissione dare ai partiti strumenti per evitare infiltrazioni criminali e lanciare allarmi sui reati contro la pubblica amministrazione. Stop. Presiedo l’Antimafia, non la commissione bravi ragazzi: sono scelte che spettano ai partiti, quelle di non mettere persone discutibili.”

Affermazioni queste sì discutibili da parte di Colosimo, ma il peggio viene dopo quando la presidente della Commissione Antimafia annuncia di voler cambiare la normativa sui cosiddetti “impresentabili”, criticando, a sproposito, la versione attuale del Codice di autoregolamentazione sulle candidature ed affermando erroneamente: “Mettervi dentro la diffamazione, il cumulo di reati sopra ai quattro anni dentro cui magari c’è una condanna per rissa o la legge Mancino mi sembra fuori luogo.”

Infatti, contrariamente a quanto detto da Colosimo, la diffamazione e la legge Mancino sono sì citate nel testo, ma proprio per escludere che una condanna per quei reati possa portare in qualsiasi modo alla dichiarazione di “impresentabilità.”

Che la Presidente Colosimo non avesse le competenze giuridiche per ricoprire quel ruolo in commissione anti-mafia era evidente, ma che anche lei preferisse “il metodo Sangiuliano” (commentare ciò che non si è letto) ad un’attenta lettura delle norme prima di chiederne una modifica, che già esiste, rasenta veramente il ridicolo.

Per dirla con una battuta, siamo passati dai “professionisti dell’antimafia” evocati da Sciascia ai più recenti “incompetenti di mafia” alla guida di una delle più importanti commissioni parlamentari.

Ma al di là di questo dato oggettivo di incompetenza funzionale in materia, c’è una domanda che vorremmo porre a Giorgia Meloni rispetto alle affermazioni di Chiara Colosimo (le due risulterebbero essere tra l’altro grandi amiche dai tempi del fronte della gioventù): ebbene, come si conciliano queste e la proposta di “eliminare le liste dei politici impresentabili” con uno degli insegnamenti più importanti del suo mito, quel Paolo Borsellino (il cui esempio, a detta della stessa Presidente del Consiglio, l’ha spinta a fare politica), che riportiamo testualmente: “Un politico in odor di mafia, anche se non condannato, non va candidato”, perché proseguiva, “Gli uomini politici non devono soltanto essere onesti, ma lo devono anche apparire”?