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Calenda: “Meloni inadatta a governare e noi prenderemo più voti della Lega”

“Possiamo arrivare al 13 per cento e prenderemo più voti della Lega”. Carlo Calenda ne è convinto e spiega il suo ragionamento con rigore da analista. “Non c’è solo il fatto che Matteo Salvini è fuori controllo e arriva a rinnegare il voto sul lockdown per provare a racimolare qualche voto di antivaccinisti. C’è anche il fatto – dice il leader di Azione a Il Foglio – che gli elettori non estremisti della Lega, e sono tanti, e con loro quelli di Forza Italia, hanno capito che quella offerta da Giorgia Meloni non è una prospettiva di governo”.

A testimoniarlo, secondo Calenda, le ultime uscite, “del tutto scomposte”, della capa di FdI. “Perché con l’approssimarsi del 25 settembre, sale la tensione. E portare avanti la recita diventa difficile. La Meloni rivela il suo bluff di finta draghiana, e appare per quella che è. Dopo Orbán, anche Vox: se mai andasse a Palazzo Chigi, ci relegherebbe ai margini dell’Ue, nel club dei reietti”. E non è soltanto una questione di valori, ma di futuro dell’Italia. “Perché – spiega Calenda al Foglio – un eventuale premier che a cinque giorni dal voto paventa complotti internazionali, getta accuse sui governi tedesco e francese, e rinnova fedeltà a Orbán e agli estremisti di destra spagnoli, quale voce in capitolo avrebbe a Bruxelles? Hai voglia poi a dire che ‘la pacchia è finita’: la storia dei pugni sul tavolo è il rifugio retorico di chi sa di non contare nulla in Europa, di non avere altro strumento di legittimazione diplomatica se non quel lo garantito dello scontro. Perché se a meno di una settimana dalle elezioni tu ritorni a elogiare Vox, vuol dire che in queste settimane di finta responsabilità hai recitato, vuol dire che la tua natura autentica è quella mostrata sul palco di Marbella”. Era giugno e, di quel comizio, poi Meloni si disse pentita. “Ma quello non è un incidente – avverte Calenda – quelle sono pulsioni profonde, reali, nella cultura di FdI, che puntualmente riemergono ora che lo scontro elettorale si fa aspro. E a me quella roba spaventa”.

E poi, pare che la leader di FdI sia piuttosto nervosa. “E’ sempre sulla difensiva, sempre in preda a una specie di sindrome da assedio. Ce l’hanno tutti con lei: i giornali, gli artisti, le cancellerie straniere. Ma stare a Palazzo Chigi richiede saldezza di nervi, capacità di incassare in silenzio. Non è all’altezza. E’ unfit”.
Calenda, non ne ha mai fatto mistero, vorrebbe Mario Draghi a Palazzo Chigi. “Con noi del Terzo polo è possibile: se di voti ne prenderemo tanti, dimostreremo che si, c’è una voglia di Draghi. Dopodiché, il da farsi lo valuterà il capo dello stato ed eventualmente il premier stesso. Ma segnalo una cosa: a prescindere dal responso delle urne, sarà indispensabile una tregua generale sul più decisivo dei dossier, quel lo che riguarda l’attuazione del Pnrr. E’ troppo importante perché possa essere fatto oggetto di contesa politica, anche perché dal rispetto dei nostri impegni con Bruxelles passa anche il mantenimento dello scudo anti spread da parte della Bce. Altro che rinegoziare il Pnrr, come vuole la Meloni”.

Sempre a Il Foglio, il leader di Azione commenta la campagna elettorale di Enrico Letta, che lo accusa di fare campagna contro il Pd. “A me pare che Letta, nell’ansia di coprirsi sia a sinistra dai Cinque stelle sia al centro da noi, non possa che ricorrere a schematismi del tutto vaghi e anche un po’ sciocchi: tipo Berlinguer contro Almirante, tipo il dire che solo chi vota Pd non è categorizzabile come No vax. Lui ci accusa dicendo che il Draghi bis è una chimera. Ma gli chiedo: la sua prospettiva di governo, esattamente, qual è? Lui chiede un voto per fare cosa? Con Conte, almeno a parole, esclude ritorni di fiamma. Con noi non vuole confrontarsi. Perfino rispetto a Fratoianni e Bonelli, che pure sono suoi alleati sulla scheda elettorale, esclude qualsiasi prospettiva di governo. Ma quindi cosa pensa di fare? Un monocolore Pd? Non ci crede nemmeno lui, suvvia. Alla fine, un nuovo incarico a Draghi è la prospettiva su cui anche chi nel Pd non vuole rassegnarsi alla Meloni dovrà convergere”.