Il titolo originale era il Cielo sopra Berlino, ma Wim Wenders ama questa città, tanto da regalargli un film quasi autobiografico, Palermo shooting, in cui un fotografo di mezz’età berlinese si trasferisce a Palermo e qui incontra una donna sherpa, ma soprattutto la Morte, che gli fa cambiare lo sguardo con cui inquadra l’esistenza.
Il cielo sopra Palermo è plumbeo, carico di ceneri, la città brucia, bruciano le montagne a contorno dell’ex Conca d’oro, brucia Mondello, la più famosa località balneare, brucia Pizzo Sella, chiamata la “collina della vergogna” per lo scempio edilizio, brucia Bellolampo, luogo di gabbiani e discariche putrescenti, una bomba ecologica che ammassa senza pudore la “munnizza” di Palermo. La nube scura che ammanta la città è carica anche della diossina, che la discarica in rogo effonde sulla città. È spettrale la luce oggi a Palermo, colpita da uno scirocco che come un enorme phone spara i suoi 40° e oltre tra le strade semideserte. Sarebbe piaciuta molto a Wenders questa luce, e soprattutto a Finn, il suo personaggio fotografo che dialoga con la Morte. Noi siciliani siamo abituati alla Morte, a Idda, ci conviviamo, è morta un’anziana per il rogo di ieri sera sulle montagne sopra Palermo. Il desiderio di Morte è un oblìo che ci fa scordare le nefandezze di un’esistenza crudele, di un’isola bellissima ma che non ci fa assomigliare ad essa. Palermo è un fuoco, brucia. Brucia pure l’aeroporto, le autostrade, non c’è via di fuga in questa Conca giardino arabo. I trasporti sono in ginocchio in tutta la Sicilia, le strade interrotte, l’aeroporto di Catania chiuso da giorni. Il turista atterrato in Sicilia si sente come un topo in trappola che non può scappare. Viaggiare nell’isola ci riporta ad Omero, la sua Odissea.
Chi può si chiude in casa con i condizionatori a manetta, ma c’è chi non può, perché i cavi dell’Enel stanno liquefandosi, o perché è troppo povero per pagare le bollette, o troppo onesto per non attaccarsi alla rete abusivamente. L’isola ha spesso registrato drammi e disastri, terremoti distruttivi ed incendi, eruzioni, abbiamo il più grande Vulcano d’Europa attivo, e frane mortifere. Ma mai avevamo registrato un tale senso di impotenza, con tutte le infrastrutture e le istituzioni non in grado di reggere. Stiamo diventando come l’isola Ferdinandea, prima galleggiante e poi affondante. Eravamo con il nostro fatalismo, con il nostro sonno, indolenza, orgoglio, resistiti per millenni, sopravvivendo ad invasori di tutte le latitudini, ma stiamo soccombendo a noi stessi. Alla nostra insipienza.