Ancora un naufragio. Ancora il mare che diventa un cimitero. Ancora dolore e lacrime. Ancora una volta, il Mediterraneo è testimone del più atroce dei drammi, con centinaia di giovani vite spezzate nell’acqua gelida, annegate in un tentativo disperato di raggiungere l’Europa. Questa non è solo una tragedia umana, è un fallimento politico e morale.
L’ultimo in ordine di tempo, un naufragio a sud del Peloponneso, ha strappato la vita almeno 78 tra uomini donne e bambini, mentre 104 sono stati salvati e 14 di loro trasferiti all’ospedale di Kalamata. La tragedia si è verificata in acque internazionali, a 47 miglia nautiche da Pylos. Il peschereccio, che trasportava circa 400 persone, era partito da Tobruch in Libia.
A febbraio, un’altra tragedia ha colpito la costa di Steccato di Cutro, nel Crotonese. Come dimenticarlo. Un caicco partito dalla Turchia e carico di almeno 180 migranti si è arenato su una secca a poche decine di metri dalla costa. Il bilancio delle vittime si è attestato a 93, a quasi 40 giorni dal tragico evento.
L’indifferenza uccide. Non solo l’indifferenza dei trafficanti di esseri umani, ma anche quella dei governi europei che non hanno ancora trovato una soluzione duratura e umana a questa crisi. La loro strategia attuale, basata principalmente sulla deterrenza e sulla sicurezza, non sta funzionando.
Da un punto di vista di una destra liberale e moderata, è essenziale ricordare che la libertà di movimento è un diritto fondamentale e che tutti gli esseri umani meritano rispetto e dignità. Ma allo stesso tempo, riconosciamo l’importanza di mantenere la sicurezza delle nostre frontiere e di assicurare che l’immigrazione sia gestita in modo ordinato e controllato. Questo è un equilibrio delicato da raggiungere.
Ma sicuramente possiamo fare di meglio di quanto stiamo facendo adesso. Dobbiamo lavorare insieme per sviluppare una strategia più efficace che non solo affronti le cause profonde dell’immigrazione irregolare, ma fornisca anche vie sicure e legali per coloro che cercano asilo. Questo potrebbe includere investimenti nelle regioni da cui provengono questi migranti per migliorare le condizioni di vita e creare opportunità, così come un rafforzamento dei canali di immigrazione legale.
Inoltre, è necessario un meccanismo europeo di ricerca e soccorso in mare più efficace e coordinato per prevenire queste tragedie. Non possiamo semplicemente chiudere gli occhi e sperare che il problema si risolva da solo. La vita delle persone è in gioco.
Infine, dobbiamo affrontare la questione con un approccio più umano e meno politicizzato. Non si tratta di numeri, si tratta di vite umane. Ogni naufragio, ogni vita persa, è un monito che dobbiamo fare di più e fare meglio. Non possiamo permetterci di restare indifferenti.
L’Europa e gli Stati membri devono cambiare strategia. Dobbiamo passare da una mentalità di reazione a una di prevenzione, concentrando i nostri sforzi su soluzioni a lungo termine che affrontino le cause profonde del problema e non solo i sintomi.
Ricordiamo che, come diceva Dante Alighieri, “nessuno ha tanto da far, che, con la pietà che altrui risponde, non si ristori di pietà”.
Che questa sia la lezione che impariamo da queste tragedie. Non essere indifferenti, ma rispondere con compassione e azione. Perché l’indifferenza, come abbiamo tristemente visto, uccide.