Basta coi TAR che bloccano il Paese: il Modello Genova diventi strutturale

La normativa amministrativa in tema di opere pubbliche e il Codice degli appalti. Mostri giuridici, una babele di norme ed eccezioni, di sospensioni dei lavori e di stop and go che è in grado di paralizzare qualsiasi opera si voglia proporre in questo paese. Ogni occasione è buona per presentare un ricorso e fermare tutto. Cantieri bloccati, opere che non decollano e Paese che sprofonda nel baratro. Peraltro, il tutto aggravato da tempi della giustizia amministrativa se possibile ancor più farraginosa di quella civile che diventa la peggior nemica di ogni possibile sviluppo.

Sia ben chiaro, non siamo fautori dell’illegalità, e non crediamo che con certi fenomeni “dobbiamo conviverci”. Invero, tutto l’opposto. Ma quel che è intollerabile è che ogni ricorso sostanzialmente determini un’esigenza cautelare sufficiente a sospendere i lavori. Questo proprio non si può accettare. E non si può accettare a maggior ragione adesso che sono in ballo i soldi del PNRR. E’ infatti di oggi la notizia che il TAR Puglia ha bloccato una delle principali opere finanziata con i soldi europei con ben 205 milioni di euro (la metà del valore dell’opera). Si tratta del nodo ferroviario di Bari sud. Vicenda inverosimile dalla sua stessa “nascita” per la verità. Approvata nel 2001, solo nel 2019 ha visto i primi cantieri (ma in 18 anni che hanno fatto?), e adesso si rischia lo stop per effetto della decisione dei giudici amministrativi. Il ricorso era stato presentato dal Comune di Noicattaro (guidato da un sindaco a Cinquestelle, casomai ci fosse il dubbio sulla matrice politica) e dal Comitato “Le vedette della Lama”: ambedue lamentavano che i binari da costruire avrebbero attraversato un’area piena di ulivi secolari e caratterizzata da un insediamento archeologico. Da qui la richiesta di riesame del progetto e di indicazione di una soluzione alternativa. I giudici sfortunatamente hanno accolto l’istanza cautelare e han bloccato tutto. L’udienza innanzi al Tribunale Amministrativo si celebrerà solo il 18 gennaio 2023 e nel frattempo lo stop rischia di far perdere i finanziamenti UE.

Caso inverosimile davvero anche perché non sussiste nemmeno l’ombra di un reato e quindi ogni sospensione si appalesa del tutto priva di senso da un punto di vista politico (da quello giuridico, invece, stante la normativa attuale, poco si può fare). Non solo! Nel caso di specie le istanze dei ricorrenti erano già state giudicate con parere negativo dalla Regione che aveva dato l’ok a procedere. Ma niente, ancora una volta sarà la magistratura a sostituirsi alla politica nel compito della decisione, fondata peraltro su una normativa astrusa e semi incomprensibile. Siamo il paese della burocrazia infinita e paralizzante, un vero e proprio cancro che sta uccidendo il Paese paralizzandone le risorse.

Infatti, il caso RFI/Comune di Noicattaro-Comitato Le Vedette è solo l’ultimo di una serie di situazioni analoghe in cui la tutela di questo o quell’interesse specifico rischia di andare a detrimento dell’interesse nazionale (dove sono Giorgia Meloni & C. in questi casi non si sa). E questo non è accettabile. Un’importante parte della riforma della Giustizia dovrà necessariamente prevedere una modifica sostanziale e radicale della normativa civile e amministrativa in materia di lavori pubblici, a partire dal Codice degli appalti il quale dimostra di non essere più adeguato a condizioni socio-economiche profondamente mutate rispetto al 2016, anno di entrata in vigore. Curioso e al contempo significativo che oggi se ne lamenti persino Renzi che in quell’anno presiedeva il Governo e ne faceva gran lode.

Oggi dobbiamo trovare la forza politica di mettere in pratica modelli emergenziali come il Modello Bucci o il Modello Expo o il Modello Genova rendendoli strutturali. Occorre cioè, salvo i casi più gravi, consentire alla magistratura di approfondire l’oggetto dei ricorsi dei controinteressati ai progetti, ma al tempo permettere l’avanzamento dei lavori e il completamento delle opere.
Altrimenti non se ne esce. Altrimenti il Paese salta. Se non spendiamo i soldi del PNRR, perdiamo credibilità in Europa e rischiamo l’ennesima crisi economica con la recessione. E non è che poi ci sti soldi ce li metterà il Tar.