“Essere non-fascisti significa liberarsi dai difetti propri del fascismo: intolleranza, violenza, prepotenza, retorica nazionalista e non nazionalista”. Come ricorda oggi Mattia Feltri su la Stampa, sono parole di uno scrittore che nel Ventennio fu un timido fascista, Giovanni Berto, autore di “Guerra in camicia nera”. In un’intervista del 1964, probabilmente per senso di colpa per quell’adesione in realtà non convinta, affermava: “Vedo troppi antifascisti che si tirano dietro i difetti del fascismo, il mio impegno è sempre stato di essere non-fascista, cosa che ritengo assai più difficile e completa che non essere antifascista”.
Ecco, oggi più che mai quelle parole risuonano attuali. “Se ogni partito pensasse a essere non-fascista anziché antifascista, scoprirebbe quel poco o tanto di intollerante, di violento, di prepotente e di retorico si porta appresso, ed è più spesso tanto che poco – riflette Mattia Feltri -. Essere antifascisti in fondo è condannare il fascismo degli altri per assegnarsi un’autoassoluzione, essere non-fascisti è condannare il fascismo in noi, e provare a liberarsene”.