Il clima pare essere diventato un catalizzatore per le destre radicali, grazie alla gestione e alla visione rigidamente ambientalista del Commissario Frans Timmermans. Il suo modus operandi nel guidare le politiche per il Clima e il Green Deal ha condotto la Commissione in un labirinto senza uscita, tracciato da lui stesso attraverso un insieme di provvedimenti improntati a un idealismo verde talvolta fin troppo idealista.
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Queste iniziative, che si basano su un utilizzo esclusivo di energie rinnovabili, l’adozione di veicoli elettrici, la costruzione di edifici sostenibili, l’abbandono totale di pesticidi in agricoltura, la rinaturalizzazione di aree urbane e la minimizzazione di imballaggi, appaiono ambiziose, ma difficili da realizzare entro i tempi prestabiliti. Prendiamo l’Italia come esempio: dovrebbe mettere in circolazione 1 milione di auto elettriche all’anno dal presente al 2030, un balzo notevole rispetto alle 50.000 immatricolate l’anno scorso.
Oltre alla questione della fattibilità, queste politiche comportano costi elevati per i cittadini e per le imprese, e un’ampia dipendenza da importazioni estere, in particolare dalla Cina, per quanto riguarda batterie, materie prime e pannelli solari. Questo scenario sembrava tollerabile finché il palcoscenico era dominato da Greta Thunberg e la Germania si mostrava accomodante.
Con l’avvento della crisi energetica e la recente ascesa elettorale delle forze di destra in Europa, incluso in Germania dove i conservatori più radicali sembrano poter competere con la Spd, l’approccio ambientalista radicale di Timmermans si è rivelato un catalizzatore per la destra. Queste forze politiche hanno saputo ascoltare le preoccupazioni di famiglie, imprese e agricoltori, facendo di queste l’asse portante della loro campagna elettorale.
Di conseguenza, è prevedibile che il Partito Popolare Europeo, colonna portante del Parlamento Europeo, inizi a distanziarsi da queste politiche, chiedendo una revisione della strategia attuale. Tuttavia, la filosofia di Timmermans, come emerge dall’intervista rilasciata di recente a Repubblica, sembra essere in contraddizione con questo cambiamento di rotta.
Il Commissario appare incapace di interrogarsi sul perché le sue iniziative stiano suscitando una resistenza così ampia e stiano creando un ampio margine di manovra per la destra. Rimane bloccato nell’idea che la colpa sia della destra se le sue proposte non vengono accolte, senza mai considerare che la destra stia semplicemente facendo il suo lavoro, e che forse è lui a fornire numerosi spunti di critica. Se anche il Partito Popolare Europeo, come pare, sta iniziando a distanziarsi, forse è giunto il momento per Timmermans di interrogarsi con maggiore intensità.