Al Forum Ambrosetti la destra ha fatto capire ancora una volta di essere divisa, poco coesa, inaffidabile. È impossibile immaginare un governo duraturo quanto efficace guidato da Giorgia Meloni con Salvini e Berlusconi dentro. “Votare questa destra vuol dire mettere le premesse per il caos in un momento pericolosissimo”, ha scritto sui social il leader di Azione Carlo Calenda. Come si può consegnare il Paese nelle mani di Salvini, che sta rispolverando in questi giorni le sue vecchie simpatie per Mosca e sta invitando l’Italia a smarcarsi dalla sanzioni contro Putin? Ma la vera domanda è un’altra e se l’è posta Fulvio Giuliani in un editoriale uscito stamane su «La Ragione».
Cosa spinge un leader di una coalizione a un passo da una vittoria potenzialmente larghissima, stando a tutti i sondaggi disponibili sul mercato ad allontanarsi clamorosamente dalla linea ufficiale dell’alleanza stessa e dalle convenienze geo-strategiche del proprio Paese? “La prima risposta non è di sostanza, ma di circostanza: evidentemente la vittoria viene data così per scontata, da rendere l’unico tema disponibile quello della leadership interna al centrodestra e della conseguente candidatura a Palazzo Chigi”, scrive Fulvio Giuliani. Per il giornalista “il vero inghippo nasce nel momento in cui il leader della Lega si è trovato improvvisamente nello scomodo ruolo di comandante in seconda”. Sappiamo tutti che Salvini è abituato a far rumore a tutti i costi, su ogni tema, proprio perché non vuole restare all’ombra di nessuno. È politico poi lui che strizza l’occhio costantemente ai sondaggi, al pari forse di Conte. E probabilmente proprio le ultime rilevazioni avranno spinto il segretario del Carroccio a prendere la “sbandata moscovita”.
“La posizione salviniana rischia di porre ai margini dell’Unione Europea il futuro governo di centrodestra prima ancora che possa vedere la luce, spingendo l’Italia in una posizione periferica potenzialmente disastrosa. Cercare di intestare il caro energia alle sanzioni e non alla scellerata decisione di Vladimir Putin di tornare a usare la guerra come strumento politico nel cuore dell’Europa, terremoterebbe l’intero lavoro svolto dal governo di Mario Draghi in politica estera ed energetica”, sostiene giustamente Giuliani su “La Ragione”. Il direttore chiude l’editoriale con una metafora che non si può non condividere: “Dovesse accadere, chiunque si troverebbe a governare una barchetta di carta in una tempesta tropicale”. Più che comprensibili dunque le mani sugli occhi di Giorgia Meloni. Un’immagine che vale più di tante parole.