Chi oggi ha quaranta, cinquant’anni, ricorda i tempi degli studi universitari come un periodo durante il quale della storia europea e occidentale veniva detto solo un gran male. La parola più in voga era eurocentrismo ed eurocentrica veniva definita quella tendenza ad esaltare il ruolo della Europa sul resto del mondo, tendenza che andava eliminata e redenta.
L’intero canone europeo, le opere dell’arte e della letteratura, diventavano sinonimo più o meno esplicito di diseguaglianze, oppressione, menzogna. L’eurocentrismo andava quindi decostruito, come l’immagine che avevamo dell’Oriente nel magistrale saggio del professor Said, magistrale anche per i danni che ha fatto nelle nostre università. Spalancando le porte a quel genere di sovversione storica che oggi prende il nome di “cancel culture”.
Ma la guerra in Ucraina, in un mondo nuovo venuto dopo Yalta, il mondo “multipolare” che abitiamo, sembra aver rimesso al centro della storia gli europei. Oggi è in Europa che si gioca la partita per il nuovo ordine mondiale, come dice il professor Chiarelli. L’invasione russa della Ucraina ridà significato a parole svilite. Perché l’Europa non può che rimettersi in discussione e affrontare, forte dei suoi valori, la sfida tutta politica di una nuova federazione di Stati. Una Europa federale capace di giocare da protagonista nelle relazioni internazionali. Questa sfida che è destinata a ridisegnare il nostro rapporto con l’alleato americano e più in generale a livello globale.
Per anni gli Usa, che fossero guidati da presidenti repubblicani o democratici ci hanno chiesto di fare di più per la difesa, ovvero per la NATO, rimediando puntualmente un’alzata di spalle. Ma sono state sufficienti tre settimane per far votare ai parlamenti europei un nuovo massiccio e tendenziale investimento per la spesa militare. La stessa idea dei processi di adesione alla Ue evolve velocemente. Il presidente Zelensky parla da europeo, anzi da leader europeo, dicendo che il suo Paese combatte per noi e che l’Ucraina vuole entrare subito in Europa.
“L’Ucraina ha inserito nella sua Costituzione che il percorso euro-atlantico e verso l’Unione europea è irreversibile”, ricorda Chiarelli. Ma la premessa per questo ritorno alla centralità europea diventa la sconfitta del progetto imperialista e regressivo di Putin. L’Europa non può cedere sull’Ucraina perché significherebbe mettere a rischio i Paesi Baltici, l’Europa Orientale, e in fin dei conti l’esistenza stessa Unione Europea. Putin “si fermerà lì?”, si chiede Chiarelli. Non abbiamo certezze. “E allora, se io sono uno previdente, mi premunisco di fermare la forza con la forza”.
Ancora Chiarelli: “Mi pare che l’unica opzione per esistere in un mondo multipolare, incerto, colmo di sfide sia di costituirsi come una potenza attraverso una rinnovata unità, una rinnovata spinta federatrice. E questo passa per una risposta ferma alla folle sfida putiniana”. “Questa è la prova del fuoco dell’Unione Europea, uno spartiacque storico, questo spartiacque richiede una nuova postura, una postura differente. Vuoi fare la confederazione, la federazione? Che si forgia nella prova del fuoco? Se la risposta è sì, abbiamo un’occasione nelle nostre mani per costruire il futuro dell’Europa. Se la risposta è no, allora può darsi che non ci sia neanche più l’unione di Stati. Non abbiamo il coraggio, la postura per interpretare il cambiamento? Compromettiamo il nostro futuro”. Il nostro futuro passa da qui. Forse non dovremo più vergognarci di quella parola, ‘eurocentrismo’.