E adesso, senza stare a inseguire anche in questo caso le tendenze americane che ci condizionano da secoli, moda dopo moda, a nessuno venga in mente anche in Italia di toccare la legge 194. Perché il rischio che quanto accaduto in America – dove ieri la Suprema Corte, ancora a trazione trumpiana, ha dichiarato l’aborto un non diritto, lasciando la decisione ai singoli stati – risvegli anche da noi pulsioni inquisitorie che speravamo fossero state cancellate dalla storia è alto.
Basti pensare alla reazione del nostrano Bernardo Guy Simone Pillon, senatore della Lega, esploso esultante in un eccesso di gioia per la vergognosa decisione dei giudici americani. “Ora portiamo anche in Europa e in Italia la brezza leggera del diritto alla vita di ogni bambino – ha detto il leghista, da sempre fiero oppositore della libertà di scelta delle donne -, che deve poter vedere questo bel cielo azzurro”. Una dichiarazione che chiaramente, in questo è in altri casi, punta a erodere i diritti civili conquistati dalla laicità. Aborto, divorzio e anche, altro tema di attualità, il fine vita. Pillon e i suoi sodali tornano, chiedendo una revisione della legge 194, a sventolare il gonfalone della repressione e della diminuzione dei diritti. Specie, come in questo caso, quello delle donne di poter scegliere.
Dal canto suo il leader della Lega Matteo Salvini ha tentato di smorzare i toni e di disinnescare la bomba Pillon. “Credo nel valore della vita – ha commentato il Kapitano -, dall’inizio alla fine, ma a proposito di gravidanza l’ultima parola spetta alla donna”. Mentre quello che al riguardo pensa la leader di FDI Giorgia Meloni ce lo ha ricordato recentemente nel suo incommentabile comizio in Spagna pro Vox, quando ha urlato dal palco “sì alla cultura della vita, no all’abisso della morte”.
E se dal PD e Forza Italia la levata di scudi per la difesa della legge 194 è stata unanime – “Non abbiamo bisogno di nuove guerre culturali, per fortuna in Italia la 194 è solida e nessuna forza politica la mette in discussione” e “Una decisione che lascia sgomenti e che ferisce la dignità e i diritti delle donne” sono i rispettivi commenti dei ministri Mara Carfagna e Elena Bonetti -, insieme all’indignazione di Azione, Leu, M5S e +Europa per la sentenza della Corte USA, non può non destare apprensione la presa di posizione immediata del Vaticano. Che tramite monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, è subito tornato a chiedere la revisione della legge sull’aborto, col solito vizio di interferire sui temi etici che sono esclusiva competenza dello stato italiano. Uno stato laico.
“Dopo 50 anni è importante riaprire un dibattito non ideologico sul posto che la tutela alla vita ha in una società civile, per chiederci che tipo di convivenza e società vogliamo costruire – si legge nella nota della Pontificia Accademia -. Di fronte alla società occidentale che sta perdendo la passione per la vita, questo atto è un forte invito a riflettere insieme sul tema serio e urgente della generatività umana e delle condizioni che la rendono possibile. Scegliendo la vita è in gioco la nostra responsabilità per il futuro dell’umanità”. Parole che destano preoccupazione, per un’ingerenza non voluta contro cui la politica tutta deve schierarsi. Perché ha ragione la Carfagna nel dire che la legge 194 – con tutti i suoi limiti e le sue imperfezioni – non è in discussione, ma è anche vero che una sua possibile revisione non dovrebbe essere neanche un argomento di cui parlare nel 2022, quarantaquattro anni dopo l’introduzione di una disposizione normativa che è sinonimo di libertà e civiltà.