Salvini come Conte: questa fine teme il leader del Carroccio all’esito delle performances non proprio brillanti delle ultime amministrative e del referendum. Tenuto conto che si tratta degli ultimi insuccessi di una lunga catena, la poltrona di Salvini in via Bellerio inizia a traballare. Anzi, il Kapitano è proprio seduto su una polveriera ormai.
Se Conte è in guerra contro Di Maio e i fedelissimi, Salvini rischia di venir silurato dai suoi, già in fermento da qualche settimana, come anche riportato da questo giornale qualche giorno fa. Pesano i ballottaggi, in attesa dei quali sussiste una sorta di tregua armata nella Lega, e le indagini su Metropol che potrebbero chiudersi a luglio, con il coinvolgimento dei fedelissimi salviniani fra cui Savoini. Insomma un’estate calda per il segretario della Lega che, ovviamente, per fare una cosa nuova grida al complotto.
Ma si tratta veramente di complotto? Chi ha tradito chi? Perché nelle ansie paranoiche di Salvini non c’è spazio alcuno per l’autocritica (in questo molto simile a Conte, effettivamente). Da anni non si parla più di Nord, l’autonomia è divenuta una battaglia dimenticata, l’attenzione ai ceti produttivi soprattutto del Settentrione non si è tradotta in provvedimenti concreti, esaurendosi solo in inutili slogan. Insomma i cavalli di battaglia storici della Lega, quelli cioè più politici e contenutistici, sono stati sacrificati sull’altare della propaganda salviniana più bieca. Per un po’ il gioco ha retto. La caccia all’immigrato, la faccia feroce della sicurezza leghista con tanto di campanelli suonati al grido di “scusi lei spaccia?” hanno effettivamente attizzato le pance di un elettorato incline all’emotività e all’ascolto della pancia più che della testa. Ma quando è stato necessario far politica davvero, Salvini si è rivelato un bluff. Ossia, ha mostrato la sua vera natura di un leader inadeguato e di un politico tutt’al più mediocre.
La linea nazionalista sovranista lo ha visto sconfitto anche a destra dove Giorgia Meloni sta drenando consenso alla Lega mostrandosi più “politicamente strutturata” del Kapitano. Ora che l’immigrazione clandestina non è più in cima alla lista del preoccupazioni degli italiani e che si profilano sfide di altro e alto livello, la propaganda non paga più. Il popolo è diventato più esigente e panem et circenses non servono. Servirebbero, invece, risposte concrete su energia, economia, posizionamento internazionale e Salvini non ha mai saputo darle.
La crisi della leadership leghista è la crisi di un’identità fittizia, di una grossa bolla mediatica che non ha mai avuto sostanza e contenuto. Prima almeno c’era un Morisi qualsiasi che gonfiava l’illusione, adesso il re è nudo.